Giunta immunità nega l’autorizzazione a procedere per Salvini, Giarrusso fa il gesto delle manette al PD
19/02/2019 di Redazione
Tutto come previsto. Al termine di un paio di ore di lavoro, così come auspicato dal presidente della giunta immunità al Senato Maurizio Gasparri, i 23 senatori che compongono l’assemblea ristretta hanno votato negando l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti e il presunto sequestro di persona. Sono stati 16 i voti negativi che hanno impedito di mandare il ministro dell’Interno a processo.
Giunta immunità, niente autorizzazione a procedere contro Salvini
La minoranza ha manifestato il proprio dissenso, sia all’interno dell’assemblea, sia all’esterno dove un sit-in di parlamentari ha intonato slogan («Vergogna», «decide Casaleggio», «La chiamavano onestà») e ha lanciato urla all’indirizzo soprattutto del M5S, responsabile principale di questo esito della votazione. Del resto, le indicazioni di voto erano già state date nella tarda serata di ieri, con la piattaforma Rousseau che aveva stabilito l’indirizzo della maggior parte dell’elettorato pentastellato iscritto al sistema per la raccolta dei dati sulla democrazia diretta.
Al termine della giunta immunutà, Giarrusso fa il gesto delle manette
All’indirizzo dei parlamentari della minoranza, si deve registrare la reazione di Mario Michele Giarrusso, esponente del Movimento 5 stelle autore della difesa a Matteo Salvini, con l’interpretazione dell’articolo 96 e dell’articolo 68 della Costituzione – secondo il senatore, non si stava discutendo dell’immunità di Salvini, ma di un atto illecito compiuto nell’esercizio delle proprie funzioni nell’interesse nazionale. Il senatore M5S ha fatto il gesto delle manette all’indirizzo del PD: un riferimento all’arresto di Tiziano Renzi e di Laura Bovoli (genitori dell’ex premier) avvenuto nella giornata di ieri.
A chi gli chiedeva spiegazioni sulla motivazione del gesto, Giarrusso ha risposto: «Mio padre e mia madre sono regolarmente a casa: altri sono ai domiciliari. E poi sono loro che parlano di onestà».
FOTO: ANSA/GIUSEPPE LAMI