«È stato un fallimento»: i genitori di Giulio Regeni commentano l’ennesimo incontro inconcludente
02/07/2020 di Marta Colombo
È con grande frustrazione che la famiglia di Giulio Regeni ha commentato l’ennesimo incontro, il dodicesimo per l’esattezza, tra i magistrati della procura di Roma e quelli egiziani.
Durante il vertice avvenuto il videoconferenza il primo luglio, infatti, le autorità egiziane non hanno fornito nessun dettaglio aggiuntivo e nessuna risposta in seguito alla rogatoria inviata dall’Italia più di un anno fa, nell’aprile del 2019.
«E’ stato un fallimento, l’Italia richiami l’ambasciatore in Egitto», hanno affermato in una nota i genitori di Giulio Regeni. «Gli egiziani non hanno fornito una sola risposta alla rogatoria italiana sebbene siano passati ormai 14 mesi dalle richieste dei nostri magistrati, e addirittura si sono permessi di formulare istanze investigative sull’attività di Giulio in Egitto. Istanze che oggi, dopo quattro anni e mezzo dalla sua uccisione, senza che nessuna indagine sugli assassini e sui loro mandanti sia stata seriamente svolta al Cairo, suona offensiva e provocatoria».
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La Farnesina: «esigiamo rispetto per la famiglia di Giulio Regeni»
Le pressioni dalla procura di Roma e le richieste riguardanti l’elezione di domicilio dei cinque indagati, già formulate nel 2019, non sono servite a fermare il procuratore egiziano Hamada Elsawy, che ha chiesto ulteriori chiarimenti e verifiche sull’attività del ricercatore italiano nel Paese nordafricano. Secondo la famiglia di Giulio, le richieste rappresentano ulteriori rinvii nell’estenuante lotta per ricevere giustizia.
«Esigiamo un cambio di passo. E soprattutto esigiamo rispetto per la famiglia Regeni. La Farnesina, dopo l’incontro di oggi, trarrà le sue valutazioni», hanno riferito fonti ufficiali in seguito all’incontro.
Nonostante le parole della Farnesina, i genitori di Regeni hanno espresso la loro delusione verso la strategia delle autorità italiane e il fallimento dei tentativi di ottenere una collaborazione giudiziaria con l’Egitto. In particolare, hanno criticato la vendita di navi da guerra e armi come possibili mezzi per ottenere giustizia e chiarezza.