Giovanni Tria: «La Germania ci ha ricattato per farci accettare il Bail-in»

Durante una audizione in commissione Finanze il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha lanciato delle accuse molto pesanti al governo tedesco: «La Germania ci ha ricattato». Poi però fa un passo indietro e parla di una «espressione infelice»

Giovanni Tria contro la Germania: «Il ricatto per farci accettare il Bail-in»

Giovanni Tria è forse il ministro più pacato tra quelli in evidenza in questo governo. Eppure anche lui si è lasciato sfuggire delle parole molto pesanti di accusa contro la Germania, e direttamente dal Parlamento. Durante un’audizione in commissione Finanze, il ministro dell’Economia ha detto che «l’Italia ha accettato le regole del bail in perché sotto ricatto della Germania, che minacciava di diffondere la notizia, e quindi il panico sui mercati, di un sistema bancario italiano prossimo al fallimento». Al tempo, i ministri dell’economia erano Fabrizio Saccomanni per l’Italia del governo Letta e Wolfgang Scheauble per il ministero tedesco. «Erano tutti contrari » ha spiegato Giovanni Tria aggiungendo che però non vede la possibilità che il meccanismo del bail-in  «possa essere abolito in tempi brevi».

Giovanni Tria ci ripensa: «Era solo una frase infelice»

In realtà Giovanni Tria non voleva lanciare nessuna «accusa specifica» al governo tedesco. È lui stesso a chiarirlo in giornata, spiegando che si è trattato solo di «un’espressione infelice» usata per contestualizzare il momento in cui venne approvata la direttiva sulle crisi bancarie. La situazione era davvero complessa e tesa, lo ricordava anche Saccomanni al tempo. L’Italia era percepita come isolata e Roma veniva vista come «un rischio dirompente» da parte della Germania che guidava la linea dei paesi «rigoristi». Un veto italiano sulla questione sarebbe quindi stato «controproducente». Tria ha comunque sottolineato la convinzione che il sistema del bail-in dovrebbe «essere abolito», o perlomeno diventare oggetto di una revisione, permettendo l’utilizzo dei fo nei obbligatori in maniera preventiva. Sulla stessa posizione sono oggi allineate anche la federazione bancaria europea e la Germania, che non si oppone. Contrari o poco convinti invece sono i Paesi del Nord. Il governo gialloverde sta puntando tutto sulla «urgenza sociale» per fare pressioni sull’Europa e convincerla a rivedere lo strumento di salvataggio delle banche. Fino a quando non ci sarà il via libera da Bruxelles infatti non sarà possibile rimborsare i risparmiatori. I rimborsi infatti, secondo la norma vigente,  sono generalizzati e soggetti ad una valutazione dei documenti da parte di una commissione del Mef. Sfruttando la clausola dell’urgenza sociale invece sarebbe possibile fare un intervento più penetrante senza commettere nessuna violazione della direttiva.

Cos’è il Bail-in

Il Bail-In è un sistema di salvataggio delle banche imposto dalla direttiva del Banking Recovery and Resolution Directive (BRRD) recepita in Italia dal 1° gennaio 2016. Per il salvataggio di un istituto finanziario sull’orlo del fallimento si fanno ricadere le perdite su obbligazionisti e correntisti, mentre con il bail- out (il meccanismo di risanamento esterno), il salvataggio della banca avviene ad opera di terze parti, solitamente si tratta del Governo del Paese  di residenza dell’istituto finanziario. Con il bail i primi contribuenti a “pagare” di tasca propria il fallimento della banca sono i soggetti creditori più rischiosi, per poi, se necessario, scendere a cascata. Sono invece esclusi i risparmiatori che hanno depositi fino a 100 mila euro, poiché questi sono  protetti dal Fondo di garanzia dei depositi.

(credits immagine di copertina: ANSA/GIUSEPPE LAMI)

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