Giannini racconta la sua esperienza in terapia intensiva

Il direttore de La Stampa ne ha parlato a Otto e Mezzo

27/10/2020 di Enzo Boldi

Ventuno giorni di ricovero in ospedale, di cui sei passati in terapia intensiva e quattro nel reparto di terapia su-intensiva. Il direttore de La Stampa, dopo averne scritto dal letto del nosocomio e parlato nel giorno delle sue dimissioni, ha raccontato la sua esperienza con il Covid. Massimo Giannini è ancora in convalescenza nella sua casa, ma ha spiegato al pubblico di Otto e Mezzo, su La7, a quali trattamenti sanitari sono sottoposti i pazienti ricoverati in ospedale, con diversi gradi in base alla gravità. Giannini racconta la terapia intensiva.

LEGGI ANCHE > Massimo Giannini torna a casa. Ed è una bella notizia

«Ho visto persone morire, è stata un’esperienza dura e ho deciso di non nasconderla – ha detto Massimo Giannini in collegamento con Lilli Gruber a Otto e Mezzo, su La7 -. Posso considerarmi fortunato e voglio testimoniare cosa succede lì dentro, perché la gente ha bisogno di capire. Io, in quei lunghi giorni, ho cercato di capire cosa succede all’interno di quei tre gironi danteschi: nel reparto pulito-sporco sono ricoverati i pazienti un po’ meno gravi, sono chiusi in stanze da cui non possono uscire»

Giannini racconta la terapia intensiva

Il direttore de La Stampa ha visto con i propri occhi cosa accade negli ospedali e a quali trattamenti sanitari sono sottoposti i pazienti ricoverati in condizioni gravi, spiegando quel reparto pulito-sporco che ha visto e fortunatamente non vissuto sulla propria pelle: «La porta si apre sono quando entrano medici, infermieri e operatori sanitari. Entrano tutti bardati, poi escono e non li rivedi più fino alla volta successiva. Quello che mi ha colpito di più è stato vedere quanti giovani sono ricoverati, quante persone stanno male. Ho visto la procedura di pronazione, io sono stato solo con l’ossigeno e non sono andato oltre per fortuna».

Per capire occorre vedere

«È una condizione che non ho mai visto né mai sperimentato. La cosa che più mi ha colpito, e che rimarrà dentro di me e che tutti devono capire, è che anche i giovani stanno male. Ho visto persone morire e ho scelto di non nascondere questa esperienza perché penso che quello che ho visto conti più di quello che si legge. Ci sono migliaia di operatori sanitari che ogni giorno mettono a rischio la loro vita per difendere la nostra e sono allo stremo, e bisogna essere lì e vederli per capire»

(foto di copertina: da Otto e Mezzo, La7)

Share this article