Genova, ottiene sconto di pena perché uccise la compagna ma «era deluso»

13/03/2019 di Enzo Boldi

Sarà perché ultimamente l’attenzione mediatica si è spostata sull’analisi delle sentenze dei vari tribunali, o forse perché ci sono cose che non possono rimanere taciute e lasciate solamente alla rabbia dei familiari e amici delle vittime. Dopo il caso della «tempesta emotiva» – anche se poi hanno provato a spiegare che non sia stata considerata un’attenuante la gelosia, ma sia stata presa in considerazione il passato emotivo dell’uomo – e dello «stupro impossibile» perché la ragazza era troppo mascolina, da Genova arriva una storia molto simile.

Il tribunale ligure ha infatti condannato solamente a 16 anni Javier Napoleon Pareja Gamboa, ecuadoriano di 52 anni, che nell’aprile del 2018 aveva ucciso la sua compagna, la 46enne Jenny Angela Coello Reyes, nel loro appartamento di via Fillak, a Rivarolo. La colpì con diverse coltellate al petto dopo aver scoperto che non aveva mantenuto la promessa di lasciare l’amante. Ed è proprio a causa di questo che il giudice ha deciso di non accettare la richiesta del pm che aveva proposto una pena di 30 anni per l’uomo.

Il testo della sentenza di Genova

Quindi, secondo i giudici del tribunale di Genova, l’uomo ha agito perché profondamente deluso e disperato per una promessa non mantenuta da parte della donna con cui si frequentava. Nella motivazione della sentenza – riportata da Il Secolo XIX – si legge che l’uomo ha colpito perché mosso «da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento». Nel testo redatto dai giudici si parla di «una pena severa perché nulla può giustificare l’uccisione di un essere umano», ma in altri passaggi si evidenzia che l’uomo ha colpito perché mosso «da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento, ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile».

L’uomo che uccise la compagna perché deluso e disperato

«Non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a se stesso – si legge ancora nella sentenza -, per l’incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto contraddittorio che lo ha illuso e disilluso allo stesso tempo». Le attenuanti, combinate con lo sconto di un terzo della pena previsto la rito abbreviato con cui è stato celebrato il processo, hanno portato alla pena di 16 anni, rispetto ai 30 chiesti dal pubblico ministero Gabriella Marino.

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