Gb, dopo l’accordo sulla Brexit si dimettono ministri e sottosegretari. Chiesta la sfiducia per May
15/11/2018 di Redazione
Una pioggia di dimissioni nel governo britannico dopo l’accordo con Bruxelles sulla Brexit annunciato dalla premier Theresa May. Hanno lasciato la loro carica sia ministri che sottosegretari. Si sono rimessi prima Shailesh Vara e Dominic Raab, rispettivamente sottosegretario per l’Irlanda del Nord, junior minister, e il ministro per la Brexit. Poi hanno annunciato l’addio anche la ministra del Lavoro Esther McVey e la sottosegretaria alla Brexit Suella Braverman.
Brexit, dopo l’accordo sulla Brexit dimissioni di ministri
Vara (sottosegretario al dicastero dell’Irlanda del Nord, junior minister nella definizione britannica) ha annunciato via Twitter le sue dimissioni dal governo May. È lui, 58 anni, esponente dei Tory, il primo componente del governo May a dimettersi per protesta contro l’intesa con Bruxelles. Nella lettera di rinuncia sostiene che la bozza sia destinata a lasciare il Regno Unito «a metà del guado» a tempo indeterminato e non dia garanzia definitive che l’Irlanda del Nord non abbia alla fine relazioni con l’Unione Europea più profonde rispetto al resto del Paese. «Siamo una nazione orgogliosa – è stato il suo messaggio – e ci siamo ridotti ad obbedire alle regole fatte da altri paesi che hanno dimostrato di non avere a cuore i nostri migliori interessi. Possiamo e dobbiamo fare meglio di questo. Il popolo del Regno Unito merita di meglio», ha aggiunto.
Anche il ministro per la Brexit Raab, 44 anni, ha annunciato le dimissioni su Twitter. «Non posso in buona coscienza sostenere i termini proposti per il nostro accordo con l’Ue», ha scritto allegando al messaggio la lettera di dimissioni inviata al premier. Nella missiva afferma di «comprendere» i motivi per i quali il governo abbia deciso a maggioranza di sposare la bozza d’intesa e di «rispettare il diverso punto di vista» espresso che ha spinto May e «altri colleghi» a dare il via libera al testo «in buona fede». Ma afferma anche di non poter accettare un accordo che a suo dire nella soluzione proposta per l’Irlanda del Nord rappresenta «una minaccia reale all’integrità del Regno Unito», né un meccanismo di «backstop indefinito». Raab, che è il secondo ministro per la Brexit a lasciare in questi mesi, non chiede le dimissioni della premier. Ma il suo forfait significa comunque un colpo duro sia per il governo e per il contesto negoziale.
McVey è una brexiteer convinta e rappresenta una tra le voci più ostili all’accordo nel gabinetto. «L’accordo – ha detto – non onora il risultato del referendum».
May: «L’intesa è una scelta fatta nell’interesse nazionale»
Theresa May ha parlato alla Camera dei Comuni tra mormori e contestazioni delle opposizioni. L’intesa sulla Brexit approvata ieri dal governo – ha detto la premier britannica – «non è un accordo finale» ma un documento che consentirà comunque un’uscita «liscia e ordinata» del Regno Unito dall’Unione Europea. L’accordo concordato con l’Ue – ha ripetuto ancora – è la migliore negoziabile «nell’interesse nazionale».
May ha ammesso che la soluzione indicata per garantire un confine aperto fra Irlanda e Irlanda del Nord può suscitare perplessità, ma che sarebbe stato «irresponsabile» rifiutarla. La premier ha insistito che l’obiettivo è evitare l’entrata in vigore del meccanismo di salvaguardia del backstop, sostenendo tuttavia che non sarebbe stato possibile escluderlo come clausola da alcun tipo di accordo. May sull’intesa con Bruxelles ha parlato di scelta fatta «nell’interesse nazionale», affermando che essa garantirà l’uscita dall’Ue «nei tempi previsti» e che l’unica alternativa sarebbe «un no deal» o «nessuna Brexit». La premier si è detta anche decisa ad andare avanti nonostante le dimissioni di alcuni ministri. Ha poi sottolineato che il negoziato ha comportato «scelte difficili» ed ha espresso «rispetto» per le decisioni di Raab e di chi si è dimesso, affermando di non condividerle.
La richiesta di mozione di sfiducia
IL deputato Tory capofila dei brexiteers più radicali, , Jacob Rees-Mogg, ha formalizzato la sua richiesta di una mozione di sfiducia contro May in una lettera al comitato 1922, l’organismo di partito che sovrintende alla convocazione di elezioni per la leadership. Nella missiva, la premier viene accusata d’aver violato «le promesse fatte alla nazione» sulla Brexit. Rees-Mogg ha un seguito di circa 50 deputati, sufficienti in teoria a far scattare l’iter, ma finora il numero delle lettere risulta inferiore al quorum necessario.
(Foto di copertina Zumapress da archivio Ansa. Credit immagine: Thierry Roge / Belga via ZUMA Press)