Gandolfini del Family Day condannato per diffamazione: «Aveva accostato la pedofilia all’Arcigay»

10/06/2019 di Redazione

Una nuova condanna per diffamazione resa nota dall’Arcigay: qualche settimana fa era toccato al senatore della Lega Simone Pillon, oggi tocca a una persona a lui molto vicina. Quel Massimo Gandolfini diventato famoso agli onori delle cronache per essere stato il fondatore e il promotore del Family Day. La condanna del Tribunale di Verona è arrivata ai sensi dell’articolo 595 del codice penale. Inizialmente la pena decisa era di 4 mesi di reclusione, poi convertiti in una sanzione pecuniaria di 30mila euro. In più, c’è una provvisionale di 7mila euro per l’Arcigay e 3mila euro per l’allora presidente Flavio Romani.

Gandolfini condannato per diffamazione

Le motivazioni che hanno portato Massimo Gandolfini a processo riguardano un suo discorso pubblico del 2015: in quella circostanza affermò che l’Arcigay avrebbe inserito tra le 58 identità di genere approvate dall’associazione per dare una propria descrizione di sé sul proprio profilo Facebook anche la caratteristica della pedofilia.

Perché Gandolfini aveva accostato l’Arcigay alla pedofilia

Ovviamente, la circostanza non era plausibile e il giudice del tribunale di Verona ha riconosciuto in questo gli estremi per una diffamazione. L’identità approvata dall’Arcigay era quella del cosiddetto ‘femminiello‘ e non quella del pedofilo. Pertanto, stando alla tesi dell’associazione, il presidente del Family Day avrebbe completamente travisato il contenuto di quell’aspetto.

«Ancora una volta un esponente del mondo ultraconservatore viene condannato per la sua condotta nei confronti delle persone e delle associazioni Lgbti – commenta Gabriele Piazzoni, segretario generale Arcigay -. Pochi mesi fa Pillon veniva condannato a Perugia, oggi Gandolfini fa il bis a Verona. Questa condanna ci dice molto sulla modalità che i patron del Family Day usano per affermare le proprie idee, cioè la diffamazione. Con molta soddisfazione oggi diciamo nuovamente che giustizia è fatta e che continueremo a difendere in ogni sede la dignità e l’onorabilità delle persone lgbti. Un ringraziamento sentito all’avvocata Rita Nanetti, che con grande competenza ci ha assistiti in questa vicenda».

FOTO: ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

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