Per Fusaro il governo Conte è come “il Cile di Pinochet”

Più che un filosofo un uomo di iperboli arcuate e fantasiose. L’epidemia da Covid-19 non ha affievolito l’estro di Diego Fusaro che dopo aver parlato, appena qualche giorno fa, di “Nuovo Ordine Mondiale Sanitario” questa volta si lascia andare a un giudizio netto, e senza appelli, sul Governo Conte e la famosa maggioranza “giallo-fucsia” per usare il suo lessico. Oggetto dell’indignazione del sedicente “Allievo indipendente di Hegel e Marx” è questa volta il bando ipotizzato dal Governo per reclutare 60mila assistenti civici con il compito di controllare su eventuali assembramenti e vigilare sulle norme che impongono il distanziamento sociale, specialmente in posti pubblici e affollati. Un’ipotesi che ha messo in allarme il filosofo torinese che va all’attacco su twitter, social volgarmente turbomondialista, ma evidentemente funzionale alla diffusione del verbo fusariano e alla promozione martellante delle sue fatiche editoriali. 

Per Fusaro il Governo è colpevole di “lasciar morire chi lavora” per poi investire sui delatori come nel peggior regime. Gli assistenti civici si trasformano così in collaboratori della Stasi o della Gestapo, agenti con il compito di fare delazioni ai danni degli inermi cittadini. Una strana iperbole per chi si scaglia sempre con “la fiction dell’antifascismo in assenza di fascismo”. Evidentemente il fascismo in Italia esiste per il filosofo torinese, ma non si identifica con le forze che si richiamano espressamente ai suoi valori, con il quale il filosofo sedicente “gramsciano”, non disdegna di flirtare, ma con il governo in carica.

Poi il colpo di teatro definitivo, l’evocazione del Cile di Pinochet per ottenere la mattinata di gloria social, lo spazio quotidiano che serve per propagandare la propria immagine nell’orrendo turbomondialismo, che permette al filosofo di lanciare tesi curiose e vendere efficacemente la sua immagine. Ci sfuggono onestamente i corrispettivi degli squadroni della morte, i decaparecidos, le esecuzioni pubbliche, l’assalto alla Moneda, la repressione del dissenso politico e sindacale. Non ci sfugge la consueta strumentalizzazione di migliaia di morti innocenti per la consueta polemica quotidiana nel regno dei social, forse la massima espressione del “turboliberismo” contro cui l’opinionista del “Primato Nazionale” si scaglia,  evidentemente solo a parole. Nel mondo del marketing onnipresente e autoreferenziale che si nutre di polemiche sterili per vendere la propria immagine, anche il lasciar in pace i morti, anche il silenzio, è un atto rivoluzionario.

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