Nonostante i richiami, a Vienna hanno preferito mettere in pericolo la polizia continuando a postare video
È intervenuta anche la polizia di Monaco per solidarizzare con le forze dell'ordine austriache
02/11/2020 di Gianmichele Laino
Basta aprire la timeline di Twitter per vedere decine di video e di fotografie – postate da cittadini e utenti della rete – relativi ai fatti di Vienna di questa sera. Il tutto è avvenuto sia nelle primissime fasi dell’attentato, in quello che a tutti gli effetti potrebbe essere stato un assalto alle strade intorno alla sinagoga in Schwedenplatz, sia quando la polizia – dopo il suo intervento – ha chiesto su Twitter di non postare foto o video dell’attentato.
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Foto e video Vienna, il divieto della polizia
La motivazione è molto semplice: postare foto e video di un’operazione di polizia nel pieno del suo svolgimento potrebbe inconsapevolmente favorire gli attentatori che, in questo modo, vengono a conoscenza del posizionamento delle squadre anti-assalto e anti-sommossa che stanno fronteggiando la situazione. Inoltre, si rischia di mettere in pericolo anche altre persone in strada, che stanno cercando di fuggire dai luoghi dove è avvenuta la sparatoria, ovvero nel centro della capitale austriaca. La polizia di Vienna ha dovuto scrivere due tweet per chiedere agli utenti dei social network di non diffondere video:
Nochmal: KEINE Videos und Fotos in sozialen Medien posten, dies gefährdet sowohl Einsatzkräfte als auch Zivilbevölkerung! #0211w
— POLIZEI WIEN (@LPDWien) November 2, 2020
Un rischio che è stato fatto notare – sui social network – anche dalla polizia di Monaco di Baviera.
Ihr könnt unsere Kollegen in #Wien unterstützen,wenn Ihr keine Videos/Fotos verbreitet und Euch nicht an Spekulationen beteiligt. Bitte verzichtet zudem auf Mentions, die ohne hilfreichen Inhalt sind.
An die eingesetzten Einsatzkräfte, kommt alle wieder gesund nach Hause.#0211w
— Polizei München (@PolizeiMuenchen) November 2, 2020
Nonostante questo, la gente ha continuato a postare foto e immagini, mostrando anche le scene dei presunti attentatori: scene che, anche se li mostrano in difficoltà, altro non fanno che amplificare la propaganda nei loro confronti. Quella visibilità, insomma, che il loro atto terroristico gli ha già procurato: la santificazione del fanatismo viene rafforzata anche con la diffusione delle immagini attraverso i nuovi media.