Fontana va avanti (nonostante Salvini) e firma l’ordinanza

Tuttavia, la prima firma in calce al provvedimento è quella del ministro della Salute Roberto Speranza

21/10/2020 di Gianmichele Laino

A rendere meno amaro il boccone per Matteo Salvini è il primo nome in calce all’ordinanza. Non il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, ma il ministro della Salute Roberto Speranza. La Lega utilizza questo escamotage, molto probabilmente, per imputare al governo la decisione di bloccare tutto in Lombardia dalle 23 alle 5 del giorno successivo. L’ordinanza entrerà in vigore a partire dal 22 ottobre (dunque, questa sera lo svolgimento delle attività è regolare come sempre).

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Fontana firma ordinanza, l’escamotage della Lega

Altro punto cruciale: nell’ordinanza non si fa rifermento alla chiusura delle attività commerciali nei fine settimana. Un provvedimento che era stato annunciato e che era al centro anche di una trattativa tutta interna alla Lega, con Matteo Salvini che aveva puntato i piedi su queste soluzioni drastiche che ai cittadini non piacciono e che non voleva assolutamente che fossero ascrivibili alla Lega. Tuttavia, soluzioni di questo tipo dovrebbero essere previste da un’altra ordinanza regionale prevista nel pomeriggio di oggi.

Fontana firma ordinanza, ma non c’è la chiusura dei centri commerciali nel week-end

Dunque, Fontana firma ordinanza. Ma è un’ordinanza dimezzata e che ha pesantemente risentito del dibattito interno al Carroccio nelle ultime ore. Altra indicazione che non piacerà al leader del Carroccio: la responsabilità per tutti gli spostamenti necessari nelle ore del coprifuoco – da quelli per motivi di lavoro a quelli per comprovate necessità – sono in capo ai cittadini. Dunque, per loro sarà necessaria una autocertificazione da esibire alle forze dell’ordine negli orari oggetto dell’ordinanza.

Un colpo al cerchio e un altro alla botte, insomma, in un gioco di equilibri che non è propriamente ideale in una fase di emergenza: le misure dovrebbero essere decise e decisive. Invece, in questo caso, è sembrata più una questione politica che di sicurezza nazionale.

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