Da Bumble a Match, le aziende che sostengono le persone colpite dalla legge sull’aborto in Texas

Dopo l'entrata in vigore della legge anti aborto in Texas, sono tante le grandi realtà tech che hanno deciso di sostenere le donne che saranno colpite

04/09/2021 di Ilaria Roncone

La reazione all’annuncio della legge – entrata in vigore mercoledì in Texas – che criminalizza chiunque aiuti una donna ad abortire oltre la sesta settimana ha smosso moltissime polemiche in tutto il mondo. E non solo polemiche, se si considera che molte aziende si sono mosse – ognuna a seconda delle proprie capacità – per fornire assistenza a più livelli a qualunque donna verrà colpita dagli effetti di questa legge. A partire da Bumble e Match – entrambe piattaforme di incontri – e arrivando a Lyft e Uber, si sta creando una catena virtuosa di reazioni alla legge anti aborto Texas.

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Il fondo a sostegno dei diritti riproduttivi delle donne di Bumble

Bumble – che è stata fondata da donne ed è guidata da donne – ha creato un fondo «a sostegno dei diritti riproduttivi delle donne e delle persone in tutto lo spettro di genere che cercano di abortire in Texas». I soldi andranno alle organizzazioni che sostengono i diritti riproduttivi delle donne come Fund Texas Choice.

Anche Match Group – che possiede Tinder e OkCupid, tra le altre – ha reso noto che renderà disponibile un fondo per garantire che i dipendenti e le persone a carico potessero esercitare questo diritto al di fuori dello stato (dove, attualmente con questa nuova legge, l’85% degli aborti richiesti allo Stato verrà considerato fuori legge perché oltre le sei settimane). La legge in questione punisce chiunque ma, per esempio, Match non può essere ritenuti responsabile di “favoreggiamento di aborto” poiché sta fornendo denaro per recarsi fuori dallo stato a questo scopo.

Anche Lyft e Uber si sono schierati per proteggere i propri autisti. Autisti che, accompagnando una donna ad abortire, potrebbero effettivamente essere accusati – sottolinea CNN – in quanto la legge incrimina chi «consapevolmente si impegna in una condotta che aiuta o favorisce l’esecuzione o l’induzione» di un aborto «indipendentemente dal fatto che la persona sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’aborto sarebbe stato eseguito o indotto in violazione».

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