«Perché dare per scontata la presenza di baby consumatori?», Fondazione Carolina sul decreto influencer

Fondazione Carolina ha sempre contestato la presenza dei minori sui social ma, considerato che ci sono, risulta fondamentale regolamentare la pubblicità che arriva loro tramite gli schermi degli smartphone

13/03/2023 di Ilaria Roncone

Il decreto influencer punta, tra le altre cose, a fornire una maggiore protezione ai minori che stanno sui social quando si tratta di messaggi promozionali fatti a mezzo influencer. Così come recepita dal Consiglio dei Ministri, la direttiva UE 2019/2161 risulta essere sufficiente per proteggere i minori? Abbiamo chiesto un parere a Fondazione Carolina sul decreto influencer, che da anni si occupa di cyberbullismo online e della protezione dei minori in rete.

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«Qualcosa sembra che stia cambiando»

Questa la premessa di Fondazione Carolina, che parla tramite la voce del suo Segretario Generale Ivano Zoppi, «anche per il fatto che la direttiva si inserisce in un contesto internazionale che torna a guardare con attenzione ai diritti dei minori, anche nella dimensione digitale. Pensiamo, ad esempio, ai percorsi legislativi in Francia, per ovviare alla smisurata condivisione di foto bambini e preadolescenti da parte dei genitori.».

«Non solo – ha proseguito Zoppi ai microfoni di Giornalettismo – in Inghilterra si sta lavorando su leggi più stringenti rispetto agli abbigli di tutela da parte dei colossi del web. L’Italia in questo campo ha fatto da apripista, con la prima legge a prevenzione e contrasto del cyberbullismo, ispirata e dedicata proprio a Carolina, ma negli ultimi anni siamo rimasti fermi. Al di là delle leggi, serve un’azione culturale. Una grande rivoluzione per restituire umanità e responsabilità alla tecnologia. Noi di Fondazione Carolina l’abbiamo chiamata #CyberJoy».

«Perché bisogna dare per scontata la presenza di baby consumatori?»

Tra le battaglie che maggiormente la Fondazione sostiene e che ha sostenuto nel corso degli anni c’è quella della presenza dei minori online: «Perché bisogna dare per scontata la presenza di baby utenti, quindi di baby consumatori, sul web e sui social?», è la provocazione che incita a riflettere fatta da Zoppi.

«Le norme ci sono in tal senso e vanno applicate. A livello europeo il compimenti dei 13 anni di età rappresenta il limite per l’iscrizione a buona parte dei social, per alcune piattaforme questa soglia di alza a 16 anni. Limiti che specificano le stesse media company nelle loro policy, quelle scritte in piccolo che nessuno legge quando scarica un’App sul proprio device. Ci sarà un motivo se gli stessi fornitori di servizi mettono le mani avanti? Eppure nessuno ci pensa».

La grande responsabilità degli influencer

Fondazione Carolina non esita a sottolineare – nell’ambito dell’influencer marketing così come in tutto il resto – la responsabilità enorme che i creator hanno nei confronti del loro pubblico: «Se prima c’erano attori e cantanti, oggi gli idoli dei teenager sono proprio loro. La differenza, però, è che le webstar sono sempre lì, a disposizione. A differenza degli idoli del passato, possiamo contattarli, scrivergli o chattare con loro nelle dirette o attraverso i social. Peccato che il loro sia un lavoro, non una vocazione».

«Sono il denaro e le pubblicità a spingerli a postare sempre più contenuti, non certo la voglia di informare, semplicemente intrattengono o condividono una passione. Dall’altra parte dello schermo, però, c’è una moltitudine di ragazzi che soffre di ansia e solitudine; hanno problemi ad aprirsi e non hanno adulti di riferimento. Le camerette stanno sostituendo i cortili e le console i campi sportivi. Se una ragazza o un bambino ha un problema, con chi ne potrà parlare, se non con lo YouTuber preferito?», ha concluso Zoppi evidenziando in maniera puntuale il ruolo che gli influencer hanno assunto presso il loro pubblico (soprattutto quello più giovane).

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