«Avevamo chiesto la chiusura dell’impianto Bartolini il 15 giugno, la Asl ha detto no: ora ci sono 67 casi»
26/06/2020 di Gianmichele Laino
Non c’è stata volontà di rispondere prontamente al campanello d’allarme che era suonato in azienda prima che ci fosse un vero e proprio focolaio Bartolini a Bologna. È questo ciò che sostengono le sigle sindacali in merito alle modalità con cui sono stati gestiti i primi contagi all’interno del centro di smistamento dove opera l’azienda di delivery e consegne tra le più importanti in Italia e che, per la sua stessa natura, spedisce i suoi furgoni in tutto il Paese. Un effetto domino che, ora, potrebbe essere pericoloso alla luce dei 67 casi di coronavirus che si sono registrati tra i dipendenti dell’azienda.
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Focolaio Bartolini, come sono andate le cose
Oggi, nel corso della trasmissione Agorà, Tiziano Loreti di Si Cobas ha fatto una cronistoria degli ultimi eventi. A metà giugno, si erano registrati i primi due casi. C’era stata una richiesta per una chiusura temporanea dell’impianto: «Il 15 giugno chiediamo di chiudere magazzino, ma ASL dice di no. Anche la prefettura tace. I lavoratori continuano ad ammalarsi. Oggi abbiamo 67 positivi. Qui problema subappalti e sfruttamento».
Nella ditta Bartolini a Bologna c’è un focolaio #COVID. “Il 15 giugno chiediamo di chiudere magazzino, ma ASL dice di no. Anche la prefettura tace. I lavoratori continuano ad ammalarsi. Oggi abbiamo 67 positivi. Qui problema subappalti e sfruttamento” Tiziano Loreti, Si Cobas pic.twitter.com/JRbFFcN1SJ
— Agorà (@agorarai) June 26, 2020
Focolaio Bartolini, le accuse alla Asl e alla prefettura
La situazione era stata letta in anticipo dai lavoratori, dal momento che le condizioni in cui si svolgono le normali attività all’interno dell’impianto, per forza di cose, non potevano evitare i contatti tra i dipendenti. Senza contare la giungla di vari appalti e di varie cooperative che lavorano di concerto con l’azienda che presentano ciascuna le proprie specificità e le proprie realtà. La Asl, secondo i dipendenti, non è stata altrettanto pronta a risolvere il problema, accontentandosi delle indicazioni di Bartolini che aveva affermato di rispettare tutte le norme sul distanziamento e sulla sicurezza dei lavoratori. Anche dalla prefettura di Bologna non è arrivata alcuna indicazione: «Hanno fatto il gioco delle tre scimmiette» – ha detto il sindacalista. Ora, la situazione del focolaio Bartolini resta una delle più pericolose nel nuovo scenario della fase 3 in Italia.