Fiammetta Borsellino chiede l’aiuto del Presidente Sergio Mattarella
02/07/2018 di Redazione
«Cosa fa il Csm? Perché questo reiterato silenzio sui magistrati che hanno avallato il falso pentito
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«Il fascicolo che a settembre era stato aperto sui magistrati – spiega – non può restare vuoto. Bisogna fare chiarezza sulle gravi lacune procedurali che configurano addebiti di carattere disciplinare, lacune messe in risalto dalle motivazioni del Borsellino quater».
In base a quelle motivazioni furono «soggetti inseriti nell’apparato dello Stato» a indurre Vincenzo Scarantino, falso pentito, a mentire sulla strage di via D’Amelio, costata la vita a Paolo Borsellino. Secondo i giudici di Caltanissetta quelle false dichiarazioni hanno dato vita a «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana». Per questo è stato chiesto il processo per tre poliziotti che hanno spinto Scarantino a quella confessione.
«Bisogna – spiega Fiammetta – fare di tutto per cercare quella verità. E purtroppo non viene fatto o è fatto male. In questo momento, risposte stanno arrivando soltanto dalla procura di Caltanissetta, che prosegue le indagini fra tante difficoltà, innanzitutto la carenza d’organico, spero davvero sia messa in condizione di lavorare dal Csm e dal ministero. Ma su via D’Amelio risposte devono arrivare anche da
morte di mio padre e dei poliziotti».
«Alcuni dei magistrati che hanno avallato il falso pentito – ha aggiunto – continuano a ricoprire incarichi importanti. Anna Palma è avvocato generale di Palermo, Carmelo Petralia è procuratore aggiunto a Catania. Nei miei incontri con gli studenti faccio sempre la lista delle domande che vorrei rivolgere a quei magistrati».
Fiammetta Borsellino ne ha una in particolare. «A Ilda Boccassini, anche lei in quel periodo a Caltanissetta, ed era fra i pm che non credeva a Scarantino, vorrei chiedere perché autorizzò dieci colloqui investigativi dell’allora capo della Mobile La Barbera proprio con Scarantino, nonostante avesse già iniziato a collaborare con la giustizia».
E ancora: «Al magistrato Giuseppe Ayala, che nel 1992 era parlamentare, vorrei chiedere perché ha fornito sette versioni diverse dei momenti successivi alla strage, in cui si trovò fra i primi in via D’Amelio a tenere in mano la borsa di papà. E poco dopo scomparve l’agenda rossa».
Quella agenda che conserva la chiave di tutto. Appunti in cui Paolo era oramai sicuro della commistione Mafia-Stato.
(in copertina LA FAMIGLIA DI PAOLO BORSELLINO. Foto di archivio di Salvatore Borsellino – sec.da sin – , fratello di Paolo , il magistrato ucciso in un agguato mafioso il 19 luglio 1992 , tra i nipoti Lucia, Fiammetta e Manfredi. ANSA / RED -CD)