Allarme fake news, 3% degli italiani raggiunti: ma il dato Reuters non deve ingannarci

La prima cosa che viene da fare dopo aver letto l’indagine del Reuters Institute e dell’Università di Oxford sul rapporto tra gli italiani e le fake news è quello di tirare un sospiro di sollievo e di pensare «Urrà, siamo salvi». Calma, perché sarebbe troppo bello. Un team di esperti ricercatori (tra cui anche l’italiano Alessio Cornia) ha certificato che soltanto il 3% di nostri connazionali viene raggiunto dalle bufale che circolano sul web in un mese. Un dato tutto sommato positivo, soprattutto se si mette a confronto con il tempo passato su internet dagli utenti in navigazione sui media tradizionali come La Repubblica e Corriere della Sera.

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FAKE NEWS, IL RAPPORTO DEL REUTERS INSTITUTE E DELL’UNIVERSITÀ DI OXFORD

Ma ci sono delle variabili contenute nello studio che non possono passare inosservate e che devono per forza essere prese in considerazione nell’ottica della spiegazione completa del fenomeno, del percorso che in Italia si sta cercando di fare in merito e, soprattutto, dell’approssimarsi delle elezioni politiche del 4 marzo 2018 (la grande tornata elettorale ai tempi della cyber security).

Partiamo con ordine e prendiamo in esame i dati positivi. Si diceva che nessuno dei siti di fake news presi in considerazione dallo studio (20 in totale, tra cui retenews24.it, meteoweb.eu, meteogiornale.it e anche ilprimatonazionale.it – già, proprio il portale di informazione di CasaPound!) supera il 3,1% di utenti del web italiani raggiunti in un mese. Queste stesse persone trascorrono su questi siti non più di 7,5 milioni di minuti al mese (a farla da padrone è il sito meteogiornale.it). Dati che impallidiscono di fronte ai grandi portali di informazione sul web: gli italiani raggiunti dal sito repubblica.it sono il 50,9% al mese, i minuti che trascorrono sul sito diretto da Mario Calabresi sono 443,5 milioni al mese.

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FAKE NEWS, LE BUONE NOTIZIE FINISCONO QUI

Il problema, però, è rappresentato dalle interazioni sui social network. Qui le cose cambiano e non poco. Ben otto siti tra i venti presi in considerazione dalla ricerca superano il numero delle interazioni mensili di un sito «certificato» come quello di rainews24.it. Il portale iovivoaroma.it, ad esempio, colleziona ben 720mila interazioni su Facebook, a dispetto delle 160mila di Rai News 24.

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FAKE NEWS, IL TRANELLO SUI MEDIA CERTIFICATI

Occorre, poi, prendere in considerazione altri due dati non secondari che, con molta onestà, vengono anche citati nello studio condotto dal Reuters Institute e dall’Università di Oxford. Il primo è quello che, molto spesso, anche i media mainstream tendono a «cadere nelle bufale». Potremmo citare decine di casi – anche se ci limitassimo semplicemente a quelli denunciati da Giornalettismo – di fake news riprese da importanti organi di informazione online nel nostro Paese. In questa fattispecie, ovviamente, le persone raggiunte da potenziali bufale aumentano in maniera esponenziale.

FAKE NEWS, NON SOLO LINK: ANCHE IMMAGINI E CATENE VIA CHAT

Altro elemento determinante, inoltre, è che la ricerca del Reuters Institute e dell’Università di Oxford non prendono in considerazione le notizie che si diffondono sul web con modalità diverse dal semplice link all’articolo: immagini, meme, status sui social network. Inoltre, non vengono conteggiate nemmeno quei link che «girano» a mo’ di catena di Sant’Antonio sulle chat private come il Messenger di Facebook oppure su WhatsApp.

Attenti, quindi, a cantar vittoria. Il fenomeno italiano delle fake news sui social network esiste, è reale e ha un peso superiore rispetto a quel 3% indicato dallo studio. E, fino a questo momento, nessuna delle misure messe in atto dal ministero dell’Interno o dagli stessi social newtork sembra essere pienamente convincente.

(FOTO: ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

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