Il verdetto è giunto ma su Facebook circolano ancora falsità sull’omicidio di George Floyd

Il processo ha restituito un risultato storico ma, nonostante le promesse di Facebook, sulla piattaforma circolano ancora contenuti falsi sull'omicidio di George Floyd

22/04/2021 di Ilaria Roncone

L’impegno di Facebook per rimuovere i contenuti falsi e stereotipati su George Floyd non ha prodotto i risultati sperati. Appena prima del verdetto – arrivato nella tarda serata dell’altro ieri in Italia – Facebook aveva sottolineato l’impegno per rimuovere dalla piattaforma tutti i contenuti offensivi e lesivi riguardanti George Floyd e la sua famiglia. Particolare attenzione anche per quelli su Derek Chauvin e per i moti di odio che sarebbero potuti nascere quale che fosse il verdetto. Alla fine Chauvin è stato riconosciuto colpevole di tutti e tre i capi d’accusa (omicidio colposo, di secondo grado preterintenzionale e di terzo grado) e rischia fino a settantacinque anni di carcere se verrà assegnato il massimo della pena prevista per i tre reati.

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Su Facebook George Floyd ancora vittima di bugie

Secondo il rapporto frutto dell’indagine del gruppo per i diritti umani Avaaz, i contenuti inventati su George Floyd circolano ancora su Facebook anche dopo il verdetto che ha appurato la colpevolezza del poliziotto che lo ha ucciso. Non basta l’impegno dichiarato di Facebook per ripulire la piattaforma da contenuti, quindi. Secondo il rapporto di Avaaz due terzi dei contenuti falsi e stereotipati su Floyd e su altre vittime della brutalità della polizia statunitense sono ancora online e un terzo di questi non è nemmeno etichettato come falso.

Se a gennaio Avaaz ha individuato 65 post che raccontavano 15 false narrazione dell’omicidio di Floyd – tra cui quella che la morte sarebbe stata messa in scena prima del Covid o quella che sia morto per overdose mentre i poliziotti che lo stavano arrestando fossero attori falliti -, dopo il verdetto del processo un controllo sulla piattaforma ha restituito che ci sono ancora 43 post che veicolano un totale di 14 false narrazioni, come riferito dal direttore della campagna di Avaaz Fadi Quran a Usa Today. I contenuti sono stati contrassegnati come falsi a settembre ma hanno comunque collezionato un numero di visualizzazioni che sfiora i 3,5 milioni.

Facebook si rifiuta di commentare questi risultati

L’accusa di Quean è molto chiara: «Invece di svolgere un ruolo positivo nel proteggere le comunità emarginate dalla disinformazione e dall’odio, Facebook sta ancora permettendo alla sua piattaforma di essere utilizzata come arma per diffondere questo contenuto». Da parte del portavoce Facebook Andy Stone non ci sono stati commenti in merito alla questione. A gennaio – quando Avaaz aveva identificato e classificato per la prima volta la portata delle falsità in merito alla morte di George Floyd su Facebook – Stone aveva garantito che tutti i contenuti che violano le politiche della piattaforma sarebbero stati etichettati e rimossi: «Lo abbiamo fatto per i contenuti, le pagine e i gruppi identificati nel rapporto Avaaz».

Intanto gli attivisti si stanno domandando perché Facebook non metta in campo per le persone nere gli stessi strumenti che hanno moderato e frenato il flusso di disinformazione e gli appelli alla violenza utilizzati dopo le presidenziali 2020. «Se Facebook può essere più sicuro per i neri, perché non è l’impostazione predefinita?», ha chiesto Rashad Robinson, presidente di Color Of Change (organizzazione per la difesa dei diritti civili).

(Immagine copertina da video MPR News)

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