La breve storia triste di EpsteinGPT

Creato nelle ore successive alla pubblicazione di parte delle carte del caso Giuffre vs Maxwell, OpenAI ha bannato il chatbot generato da Patrick Blumenthal per analizzare quell'immensa mole di documenti

10/01/2024 di Enzo Boldi

La pubblicazione dei documenti relativi a Jeffrey Epstein da parte di un giudice statunitense, ha provocato e fagocitato un’intensa curiosità da parte del pubblico di tutto il mondo. Non tanto per le accuse nei suoi confronti, già note negli anni precedenti al suo suicidio in carcere del 10 luglio del 2019, ma per scoprire quali fossero i personaggi famosi coinvolti all’interno della sua attività criminale (dagli abusi sessuali al traffico internazionali di minorenni). Migliaia di pagine che facevano parte della causa intentata da una delle sue vittime, Virginia Giuffre, per diffamazione nei confronti dell’ex fidanzata dell’imprenditore newyorkese (Ghislaine Maxwell). Per analizzare tutte queste carte, dunque, occorre moltissimo tempo e, per questo motivo, un imprenditore americano di nome Patrick Blumenthal ha deciso di utilizzare l’AI di ChatGPT per realizzare un chatbot dedicato a questa analisi, chiamato EpsteinGPT. Ma è durato meno di un gatto in tangenziale.

LEGGI ANCHE > Trump sostiene che dietro la morte di Epstein ci sia una cospirazione ordita da Clinton

Giornalettismo, nel monografico di oggi, non si occuperà – nello specifico – dell’analisi di quei documenti pubblicati da un giudice americano (anche se dedicherà un approfondimento al bufala acchiappa-click pubblicata da moltissimi organi di “informazione” italiani che parlano di una lista dei clienti di Epstein), ma cercherà di entrare nel dettaglio della decisione di OpenAI di segnalare e poi bannare (anche se l’azienda di San Francisco sostiene che il chatbot si sia “spento da solo) EpsteinGPT.

EpsteinGPT, il chatbot sulle carte Epstein bannato da OpenAI

Partiamo dall’inizio. Erano i primi giorni del nuovo anno, quando quelle carte vennero pubblicate all’interno del portale PACER (Public Access to Court Electronic Records), il sito in cui vengono pubblicati i documenti giudiziari del governo federale. Come detto, si tratta di decine e decine di documenti, con migliaia di pagine da leggere e comprendere. Per questo, parte di quelle carte (una prima tranche) sono state raccolte da Blumenthal all’interno di un file pdf e inseriti all’interno della funzione GPT personalizzata di ChatGPT, inserendo un prompt (comando) ben definito:

«Gl i ho dato i documenti più queste istruzioni: “Sei un esperto del caso Jeffrey Epstein e stai aiutando gli utenti a comprendere i documenti Jeffrey Epstein appena aperti – ha spiegato al DailyDot -. Fornisci quanti più dettagli utili possibile e sii supponente”». 

Poi ha pubblicato online, anche attraverso il suo profilo X, il link per collegarsi a EpsteinGPT e consentire a chiunque di interrogare il chatbot su quei documenti (su quella tranche inserita in quel pdf). E lo ha fatto lo scorso 4 gennaio.

Ma è durato pochissimo. Poche ore dopo, infatti, OpenAI ha inviato allo stesso creatore di EpsteinGPT un avviso in cui lo si metteva in guardia: uno dei suoi “prodotti” stava violando la policy dell’azienda.

Poi, il 6 gennaio, la triste Epifania: la conferma che una delle sue creazioni, presumibilmente proprio EpsteinGPT, ha violato la policy aziendale.

Game over. Il chatbot non può essere più analizzato. Da quel momento, è iniziato anche un confronto tra il creatore di EpsteinGPT e OpenAI, con l’azienda che ha provato a smentire il ban del chatbot. In realtà, come vedremo più avanti, ci sono delle regole di ChatGPT che sono state violate, quindi appare evidente che la decisione di sospendere il tutto sia arrivata da San Francisco (e non è chiaro se in modo automatizzato).

Policy o non solo

Questa vicenda mette in luce le potenzialità dell’intelligenza artificiale, almeno per certi aspetti della nostra vita quotidiana. Nonostante la sua attitudine all’errore (essendo una “macchina” tutt’altro che perfetta), uno strumento come un chatbot di analisi potrebbe rappresentare un grande passo verso il futuro. Ma l’azione compiuta da OpenAI (che nel frattempo è finita nel mirino della Commissione UE per l’investimento di Microsoft nell’azienda di San Francisco), può essere considerata censura?

Share this article