Energia verde: non basta semplificare, il sistema va rovesciato

Si parla e si è parlato tanto di energia verde anche agli Stati Generali dell’Economia. Anzi, spesso si riempiono interi programmi politici o indicazioni di lungo periodo su come impiegare risorse dello Stato e dell’Unione Europea. Lo stesso piano di rilancio UE all’indomani della crisi economica da coronavirus, battezzato Next Generation EU (o Recovery Fund, se preferite), ha messo al centro l’ambiente e le energie pulite nella sua formulazione. Ma in Italia a che punto siamo e, soprattutto, quali sono gli elementi su cui ci si concentra nel dibattito per il rilancio dell’economia post Covid?

LEGGI ANCHE > Il fallimento di Hertz è la Lehman Brothers del carburante

Energia verde, quale semplificazione?

Secondo Diego Gavagnin, si resta troppo sul generico e non si affrontano problemi apparentemente di semplice applicazione che, concretamente, potrebbero imprimere una svolta al mercato delle rinnovabili in Italia. «Ho sentito tante proposte – ci dice -, ma nessuna punta a risolvere il problema che sta a monte di tutto, ovvero la lentezza burocratica che caratterizza da sempre l’approvazione dei progetti energetici. Più questi sono grandi, più ci vuole tempo per metterli in piedi».

Eppure basterebbe poco per cambiare la prospettiva. Attualmente, in Italia, sono le imprese che scelgono i siti per la realizzazione di impianti rinnovabili e altre infrastrutture. Bisogna poi avviare le procedure autorizzative, soprattutto la VIA, valutazione di impatto ambientale – ma anche l’impatto paesaggistico, l’accordo delle Amministrazioni locali, gli annunci sui giornali, gli incontri con le popolazioni -, con un appesantimento notevole delle pratiche: ogni volta che la commissione VIA, ad esempio, affronta un progetto o una sua modifica riparte sempre da zero.

«In altri Paesi – ricorda Gavagnin – è lo Stato che sceglie i siti degli impianti, valutandoli a priori sia dal punto di vista ambientale sia dell’efficienza generale del sistema energetico, collegamenti alle reti, presenza di impianti preesistenti, vicinanza alle città e molto altro. In Italia abbiamo enti di ricerca che si occupano di ambiente come l’ENEA, il CNR, l’ISPRA, che conoscono perfettamente il territorio con mappe complete di insolazione e ventosità, cui si aggiungono i servizi ambientali delle varie Regioni, per lo sfruttamento dell’energia solare o dell’eolico. Si può partire da queste mappe e da queste informazioni per indicare i siti potenziali, qualificarli, parlare con le popolazioni e le Amministrazioni, e poi metterli a gara, con una procedura pubblica, tra le varie imprese interessate. Vince chi è disposto a pagare di più, e quindi sa di essere più efficiente».

Energia verde, alcune proposte

Un aspetto che rovescia, in questo modo, la prospettiva. E che eliminerebbe i lunghissimi tempi tecnici che servono solo in via preliminare per ottenere le autorizzazioni per lo sfruttamento dei siti. Inoltre, verrebbero meno tutte quelle dispute territoriali (spesso dettate anche da opportunità politiche) che coinvolgono amministratori locali e comitati e che, a colpi di carte bollate, costituiscono un ulteriore ostacolo per la realizzazione di impianti per le rinnovabili.

«In questo modo resta solo la valutazione della qualità tecnica degli impianti, con componenti in buona parte standard. E poi, con il coronavirus – conclude Gavagnin – l’iter per molti impianti si è fermato. Adesso ci saranno ulteriori revisioni procedurali che comporteranno altri ritardi. Perché non estendere anche il principio del silenzio assenso, che vale solo in certe procedure, a tutte? Come ad esempio le variazioni in corso d’opera? Succede spesso che, per colpa dei lunghi tempi autorizzativi, alcune tecnologie migliorino e quindi è interesse generale aggiornare l’impianto. Si riparte quasi da capo, con tempi incontrollabili».  La sensazione è che basterebbe un cambio di passo in un paio di procedure cardine per eliminare i principali ostacoli che, spesso, scoraggiano gli imprenditori del settore energetico, o che li spingono verso siti non del tutto adatti ma dove presumono sia più semplice avere le autorizzazioni.

Share this article