Emanuele Filiberto: «Non confondiamo il mio bisnonno con Hitler»

19/11/2018 di Redazione

Non ce l’ha proprio fatta a pronunciare delle parole di condanna nei confronti di Vittorio Emanuele III che il 17 novembre 1938 firmò le leggi razziali in Italia. Emanuele Filiberto, che si è recato a Busto Arsizio proprio 80 anni dopo per inaugurare – ecco il paradosso – una piazza dedicata a Vittorio Emanuele II, incalzato dalla trasmissione televisiva di Mediaset Le Iene, ha rifiutato di commentare l’operato del suo bisnonno.

Emanuele Filiberto non condanna Vittorio Emanuele III

Anzi, a un certo punto sembra anche abbozzare a una timida difesa della decisione che comportò l’esclusione dei cittadini italiani ebrei dalle scuole e dai lavori negli uffici pubblici, tra le altre cose. Il tutto nel bel mezzo del Ventennio, mentre in Germania gli orrori nei campi di concentramento stavano già contribuendo all’olocausto. Le Iene sono andate a Busto Arsizio per rimarcare la contraddittoria decisione del sindaco della cittadina di inaugurare una nuova piazza, invitando come ospite d’onore un membro di Casa Savoia, nel giorno dell’anniversario delle leggi razziali.

Il sindaco, Emanuele Antonelli, si è rifiutato di parlare con Le Iene, mentre Emanuele Filiberto si è intrattenuto ai microfoni del programma Mediaset per qualche minuto. All’inizio ha cercato di spiegare: «Nel regno del mio bisnonno ci sono stati dei momento belli e dei momenti oscuri, come in quelli di ogni sovrano». L’inviato de Le Iene, però, chiede qualcosa di più: chiede la condanna di Casa Savoia dell’operato di un proprio antenato.

La parziale difesa di Emanuele Filiberto: «È stato costretto a firmare le leggi razziali»

Emanuele Filiberto non ci sta e dice che Vittorio Emanuele III va ricordato «per la vittoria e per aver completato il processo di riunificazione dell’Italia». Alla fine dell’intervista, mentre viene scortato lontano dall’inviato de Le Iene, Emanuele Filiberto si lascia sfuggire persino: «Era re: è stato costretto a firmare quelle leggi».

Insomma, se si era partiti da una condanna – seppur blanda e sfumata – del provvedimento in sé, alla fine Emanuele Filiberto, nelle sue intenzioni, punta a una riabilitazione della figura del bisnonno, sostenendo che quest’ultimo fosse stato un semplice tassello di un disegno più grande nella persecuzione agli ebrei prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.

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