Il Messico va al voto, i giornalisti continuano a morire

Le elezioni di domenica 1 luglio in Messico sono state macchiate dall’ennesimo omicidio di un giornalista. Dall’inizio dell’anno sono stati sette gli operatori dell’informazione uccisi dalla malavita.

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L’ultimo caso di cronaca risale alla notte tra sabato 30 giugno e domenica. Si tratta di Jose Guadalupe Chan, collaboratore del settimanale Playa News il quale è stato assassinato con quattro colpi di arma da fuoco nel comune di Felipe Carrillo Puerto, nello Stato di Quintana Roo.

Il giornalista è stato ucciso in un locale notturno e i testimoni non hanno saputo dire se fossero presenti altri complici.

Secondo l’associazione Articolo 19, sotto la presidenza uscente sono più di 40. Il rapporto di Amnesty International spiega bene questa situazione:

Difensori dei diritti umani e giornalisti hanno continuato a essere minacciati, vessati, intimiditi e vittime di aggressioni e uccisioni. Durante l’anno sono stati uccisi almeno 12 giornalisti, il numero più alto mai registrato in un anno dal 2000. Tra questi c’era il pluripremiato giornalista Javier Valdez, fondatore del quotidiano Ríodoce, ucciso il 15 maggio nello stato di Sinaloa. Molti giornalisti sono stati uccisi alla luce del sole in luoghi pubblici. Le autorità non hanno compiuto progressi significativi nelle indagini avviate su questi omicidi. La speciale unità d’attenzione per i crimini contro la libertà d’espressione non ha provveduto a indagare sul lavoro dei giornalisti come possibile movente della maggior parte di queste aggressioni. Il meccanismo federale per la protezione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti non ha garantito loro un’adeguata protezione. Il già vincitore del premio Goldman Isidro Baldenegro López e Juan Ontiveros Ramos, due difensori dei diritti umani appartenenti alla comunità nativa raramuri (tarahumara), sono stati uccisi rispettivamente a gennaio e febbraio. A maggio, è stata uccisa Miriam Rodríguez, un’attivista dei diritti umani che aveva guidato le ricerche sulla sorte di sua figlia e di altre persone scomparse a Tamaulipas. A luglio, Mario Luna Romero, leader del popolo nativo yaqui, dello stato di Sonora, al quale il meccanismo federale di protezione aveva assegnato misure di protezione, è stato vittima di un episodio di violazione di domicilio, quando aggressori non identificati si sono introdotti nella sua proprietà e hanno incendiato l’auto della sua compagna.

Intanto il Messico si prepara alle elezioni presidenziali. Enrique Pena Nieto ha subito un netto calo dei consensi e la vittoria sembra scontata a favore Andrés Manuel López Obrador, fondatore del movimento Morena, che sembra avere incarnato il disagio di un Paese che da troppi anni è ostaggio di malavita e affari oscuri.

(Foto credits: Ansa)

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