Cosa ha detto il CEO di DuckDuckGo a proposito delle critiche al suo motore di ricerca

Nell'ultimo mese di marzo, il motore di ricerca è stato accusato di fare censura. Ma - come abbiamo visto - ci sono anche altri casi

18/04/2022 di Gianmichele Laino

Negli ultimi giorni, dalle parti di DuckDuckGo, si stanno agitando un po’ le acque. Nel corso del mese di marzo, il motore di ricerca indipendente – che ha, come core business, quello di garantire la privacy dell’utente che lo utilizza per la sua navigazione in internet – ha ricevuto diverse critiche per l’applicazione di una presunta censura. Sostanzialmente, nell’ambito della diffusione di notizie legate alla situazione in Ucraina, molti portali web che hanno assunto una posizione diversa rispetto alle responsabilità della Russia nel conflitto hanno accusato il motore di ricerca di adottare le stesse politiche restrittive di Big Tech: insomma, “censurerebbe” alcuni risultati rispetto ad altri, comportandosi quindi allo stesso modo dei motori di ricerca – come Google – a cui vorrebbe essere alternativo. A questa e ad altre accuse, nella giornata di ieri, ha provato a dare una risposta articolata il CEO di DuckDuckGoGo, Gabriel Weinberg.

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DuckDuckGo e la posizione sulle critiche di censura

«Spero – ha detto Weinberg – di chiarire alcune idee sbagliate sul nostro motore di ricerca. Primo: c’è un titolo completamente inventato in giro questo fine settimana. Non stiamo “eliminando” nessun media dai risultati. Chiunque può verificarlo cercando un outlet e vederlo apparire nei risultati. Così come non stiamo eliminando portali per il download dei contenuti. Non siamo e non siamo mai stati di proprietà di Google e non ci affidiamo ai risultati di Google per nessuna delle nostre ricerche. Siamo una società indipendente sin dalla nostra fondazione nel 2008».

Il CEO ha anche spiegato che non è possibile per DuckDuckGo eliminare i risultati in base alla cronologia di ricerca: avendo fatto della privacy degli utenti la propria cifra stilistica, infatti, Weinberg ha chiarito che un’operazione del genere (l’eliminazione dei risultati in base alla cronologia di ricerca) è praticamente impossibile. Tuttavia, Weinberg ha parlato del ranking di ricerca, sostenendo che DuckDuckGo mette più in basso negli elenchi dei records quei risultati che possono essere considerati spam. Allo stesso tempo, però, chiarisce anche che non c’è nessuna classificazione dei risultati in base a convinzioni politiche personali del CEO o del suo team. Nello stesso thread, del resto, sostiene che i media affiliati allo stato russo non siano indipendenti e che, quindi, hanno una possibilità di essere classificati come spam molto più alta rispetto ai media indipendenti stessi.

Ci aspettavamo che le parole del CEO di DuckDuckGo potessero fare chiarezza anche su un aspetto che abbiamo sottolineato nei giorni scorsi, ovvero quello che è successo al portale italiano Le Alternative. Come vi abbiamo raccontato – attraverso una intervista al suo responsabile – si tratta di un progetto che punta a illustrare, nell’utilizzo della rete, alternative etiche alle Big Tech. Non si tratta di un medium politico, né tantomeno si tratta di un progetto che realizza spam: e allora, per quale motivo non è più indicizzato in DuckDuckGo, in seguito alla deindicizzazione da Bing?

Se le parole sulla indipendenza di DuckDuckGo da Google possono effettivamente essere verificate anche dal singolo episodio che vi abbiamo raccontato (Le Alternative, ad esempio, è regolarmente indicizzato con Google, non così per Bing, DuckDuckGo e Qwant), il thread di Weinberg non dà una spiegazione alla richiesta di trasparenza su tutte le sue politiche sul crawler, né sulle risposte e sull’assistenza a chi – come Le Alternative – ha effettivamente riscontrato un problema.

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