Quello che Musk ha ottenuto sul caso di Hunter Biden è l’aver fatto doxing

Considerato quanto emerso dai Twitter Files, cos'è che ha provato Elon Musk con quei documenti? L'unica certezza è la diffusione di dati personali e privati di soggetti coinvolti

06/12/2022 di Ilaria Roncone

Elon Musk lo ha annunciato, il giornalista freelance Matt Taibbi ha raccontato la storia in un lunghissimo thread. Si tratta dei primi documenti di quelli che sono stati chiamati i Twitter Files, dei documenti interni che dovrebbero rivelare questioni sulla gestione precedente di Twitter. Il fulcro di quella che è stata inquadrata come una prima puntata è lo scambio di messaggi interno all’azienda relativamente all’oscuramente dell’inchiesta del New York Post su Hunter Biden, figlio dell’attuale presidente Usa, e sui contenuti compromettenti all’interno del suo laptop.

Secondo quanto ricostruito dal giornalista sfruttando questi documenti interni e con l’appoggio di Musk, nel 2020 ci sarebbe stata una corrispondenza serrata tra il personale di Twitter e la casa Bianca. I primi avrebbero ricevuto e soddisfatto una serie di richieste sia dalla Casa Bianca (arrivate direttamente dallo staff di Trump) sia dallo staff che si occupava della campagna elettorale di Biden. Il punto di Musk, nell’appoggiare questa ricerca, sarebbe il giovamento che può trarre dalla conferma che le sue tesi su Twitter – prima che lo acquistasse – erano vere: interagendo così con il potere, la piattaforma non sarebbe stata in grado di garantire libertà di espressione e di parola degli utenti. Cosa ha ottenuto, alla fine?

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Cosa ha ottenuto Musk con i Twitter Files? Sicuramente ha fatto doxing

Un rappresentante degli Stati Uniti e un’altra persona le cui mail è trapelatate da quel thread dovranno cambiare il suo indirizzo e-mail. Indubbiamente vittima di doxing, ovvero la pratica di diffondere pubblicamente online informazioni personali e privati di alcuni individui, solitamente con intento malevolo. Nel caso specifico – come sottolinea The Verge – sono stati rivelati gli indirizzi mail di due persone identificate come Dorsey e il rappresentante Ro Khanna (che ha confermato a The Verge come il suo indirizzo personale Gmail sia stato diffuso).

Tolto questo, cosa ha ottenuto e provato Elon Musk su Twitter prima di lui?

Cosa dimostrano quelle mail e i documenti trapelati?

Facciamo ordine, cercando di ripercorrere le conversazioni rese note da Taibbi e le implicazioni conseguenti. Il dialogo vede una serie di membri del team di Twitter che discutono sulla gestione della diffusione dell’inchiesta del NYP sul figlio di Biden. In quel momento non era chiaro se quel materiale fosse o meno autentico e, sulla base di questo, Twitter prese la decisione di vietare link e immagini alla storia del giornale in relazione al divieto – secondo policy – di diffondere materiale hackerato. All’epoca la decisione era stata molto discussa sia dai repubblicani che da chi era preoccupato del fatto che la piattaforma agisse in questo modo nei confronti di un organo di informazione.

Ciò che è evidente esaminando i documenti non è tanto un gruppo di persone che agisce per favorire in maniera palese la candidatura di Biden quanto un team che discute di come sia meglio procedere per portare a compimento una decisione di moderazione tanto complessa ponendosi il dubbio anche su altre storie simili. Di come sia stata presa la decisione iniziale di limitare il contenuto e delle basi di questa scelta non c’è nessuna prova, ci sono solo discussioni sulla veridicità o meno del materiale e sulla cautela che si stava scegliendo di adottare, considerata la vicinanza alle elezioni 2020. Taibbi stesso afferma che, all’epoca, Jack Dorsey non era a conoscenza di questo processo decisionale. Il giornalista, inoltre, afferma che «non c’è alcuna prova – che io abbia visto – di un coinvolgimento del governo nella storia del laptop» anche al netto del fatto che, all’epoca, la richiesta è arrivata dallo staff di un candidato in corsa per le elezioni facendo riferimento a tweet da rivedere sulla base della policy Twitter in vista delle elezioni.

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