Cosa sta facendo il governo Meloni per la digitalizzazione della Cultura

In occasione dell'evento organizzato da TikTok, Treccani ed Edulia, è andato in scena un panel in cui si è dibattuto su questo argomento. Si è parlato di progetti vecchi e nuovi con alcuni rappresentanti di maggioranza e opposizione

14/06/2023 di Redazione Giornalettismo

C’è un tema che sta attraversando trasversalmente i governi che negli ultimi anni si sono alternati alla guida del Paese: la digitalizzazione di vari ambiti, tra cui Cultura, Scuola e Pubblica Amministrazione. Un presente che si trasforma, giorno dopo giorno, in futuro e futuribile. E se, come abbiamo più volte analizzato, l’Italia sembra essere claudicante nella sua “reazione” all’avanzata dell’evoluzione tecnologica (nonostante la presenza di fondi messi a disposizione dall’Unione Europea), occorre sottolineare come questo argomento sia da tempo oggetto di proposte legislative e proattive per cercare (a fatica) di tenere il passo.

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E nel corso dell’evento organizzato da Edulia, Treccani e TikTok per lanciare la piattaforma “Da 0 a ∞ – Pionieri digitali di oggi e domani”, diversi esponenti di maggioranza e opposizione hanno dibattuto sul tema della digitalizzazione Cultura, Scuola e innovazione. Un panel dedicato da cui sono fuoriusciti alcuni spunti dialettici molto interessanti per capire le dinamiche di questo lungo percorso già iniziato nel corso della precedente legislatura e che sembra stia proseguendo su quella stessa strada anche ora.

Digitalizzazione Cultura, cosa sta facendo il governo Meloni

Il primo a prendere la parola è stato il senatore della Lega Roberto Marti, nel ruolo di Presidente della 7ª Commissione permanente del Senato della Repubblica (Cultura e patrimonio culturale, istruzione pubblica). Il leghista si è concentrato, più che altro, sul ruolo che le piattaforme digitali possono avere in termini di istruzione e diffusione della cultura, sottolineando come tra gli argomenti di interesse preminente ci sia quello dell’intelligenza artificiale. E non solo. Grande attenzione dell’attuale governo è stata posta – come si evince da diverse uscite pubbliche del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – sulle violenze all’interno delle scuole (tra studenti e contro i docenti). Al netto di tutto ciò, argomento collaterale all’evento, il Presidente della Commissione Cultura di Palazzo Madama ha detto di essere molto incuriosito dal progetto in collaborazione con TikTok: «Perché Treccani ha compreso che questi strumenti sono quelli che ci possono aiutare».

Per entrare più nello specifico del topic “Digitalizzazione Cultura“, occorre riportare le parole del deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone, che a Montecitorio ricopre il ruolo di Presidente della Commissione Cultura alla Camera: «Dobbiamo capire un concetto fondamentale: innovazione e tecnologia non sono mai positivi o negativi di per sé, sono strumenti. Occorre un quadro etico e di conoscenza per gestire questi strumenti. La polisensorialità va gestita, non va messa in antitesi alla formazione umanistica, non va resa alternativa alla formazione classica, deve essere approfondita, conosciuta, studiata e un’indagine conoscitiva in questo senso e su TikTok e altre piattaforme vanno fatte, altre iniziative vanno invece regolamentate». Ma questo è solamente un aspetto, visto che il percorso sembra essere molto lungo: «Nel contesto della digitalizzazione e dell’innovazione della filiera culturale era necessario capire, da un lato, a che punto siamo nelle varie filiere e, dall’altro, suscitare iniziative legislative. Le indagini che facciamo non sono una forma di narcisismo, ma un modo per capire in che modo si debba intervenire. Al di fuori di ogni retorica, siamo alla vigilia di una rivoluzione, quella digitale. Essa è rappresenta non solo dall’uso positivo che è possibile fare, come TikTok sta facendo, ma anche dalla disintermediazione dei contenuti e la trasmissione in maniera informale (rivoluzione che noi sosteniamo). Per sfatare un mito: sosteniamo le piattaforme quando sono utilizzabili in maniera etica e non lo facciamo quando c’è violazione privacy, dei dati e ci dobbiamo confrontare su temi come la sovranità digitale e il marketing predittivo».

In attesa di capire come si muoverà, al netto delle parole, il governo Meloni sulla digitalizzazione Cultura, le dichiarazioni del deputato Mollicone non possono che stimolare una riflessione. Al di là della concezione temporale (non siamo alla vigilia della rivoluzione digitale, ma la stiamo vivendo da alcuni anni e già siamo in ritardo), concetti come “sovranità digitale” sembrano essere completamente al di fuori del contesto: il digitale non prevede confini per definizione (al netto di casi estremi come Russia e Cina, per esempio) e da anni si sta cercando di procedere con la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e della Scuola, accumulando ritardi su ritardi sulle infrastrutture strutturali, ovvero le fondamenta di questo modello.

Cosa era stato fatto prima

Quindi, dal punto di vista dell’attuale governo le carte in tavola sono molto concettuali e poco concrete. Almeno per quel che riguarda le dichiarazioni fatte dai due Presidenti della Commissione Cultura al Senato e alla Camera dei deputati. Ma prima di loro, qualcosa si è mosso? Allo stesso panel organizzato da Edulia, Treccani e TikTok hanno partecipato anche due esponenti dell’opposizione. La prima a parlare è stata senatrice del PD Simona Malpezzi, membro della Commissione Politiche UE a Palazzo Madama (nella legislatura iniziata nel 2013 fu Presidente della Commissione Cultura alla Camera). Da tempo si occupa di istruzione e ha sottolineato un aspetto: «Le risorse ci sono, abbiamo bisogno delle energie per spingere gli insegnanti a stare aggiornati costantemente sugli strumenti e il modo di veicolare il sapere». 

Risorse che ci sono da anni, con progetti avviati nel corso delle precedenti legislature, come sottolineato da Anna Laura Orrico, capogruppo M5S alla Commissione Cultura di Montecitorio (ed ex Sottosegretaria al Ministero della Cultura): «Stanziare le risorse è importantissimo ma c’è un gap importante per capire come usare queste risorse. Quando parliamo di digitalizzazione del nostro patrimonio culturale e della cultura, il tema delle competenze emerge sempre. Credevo e credo che serva fare un passo in più per consentire una digitalizzazione corretta del nostro patrimonio culturale e nel modo di veicolatelo, nel linguaggio così che i fruitori possano approcciarsi senza ostacoli. Occorre connettere le due facce della stessa medaglia: chi gestisce e valorizza il patrimonio e chi ne fruisce e, in qualche modo, diventa protagonista. Ecco perché nel PNRR tra i vari progetti che saranno attivati è stato inserito un progetto che proposi già all’allora ministro Franceschini: una piattaforma di co-creazione dei contenuti tra giovani e giovanissimi e direttore dei siti archeologici e musei e tutto il personale che gestisce e valorizza il patrimonio culturale». Questa piattaforma, però è ancora in fase di realizzazione, ma con il suo avvio si potrebbe abbattere un muro per quel che riguarda il coinvolgimento delle nuove generazioni.

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