Il passo indietro sulla Digital Service Tax
Secondo il testo originale della Legge di Bilancio 2025, sarebbe stata applicata un'aliquota del 3% sui ricavi. A prescindere dal fatturato. Un emendamento di Forza Italia ha fatto sì che tutto ciò non avvenga, salvaguardando PMI ed editoria
20/12/2024 di Enzo Boldi
Aveva lasciato di stucco, e non poco, quel che era stato scritto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze all’interno del testo bollinato della Legge di Bilancio per il 2025 in merito all’estensione del perimetro della “web tax” in Italia. Quella rimozione del limite di fatturato aveva aperto le porte a una nuova tassazione che avrebbe colpito PMI del settore e l’editoria, equiparandole alle Big Tech. Per fortuna, nel testo definitivo che sarà approvato dal Parlamento, la modifica alla “Digital Service Tax” è stata a sua volta modificata, evitando di mettere in crisi le piccole e medie imprese del nostro Paese.
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Giornalettismo aveva lanciato l’allarme fin dalla pubblicazione del testo bollinato della Legge di Bilancio per il 2025: l’estensione della Digital Service Tax – e la cancellazione della soglia di fatturato di 750 milioni di euro in Italia – avrebbe arrecato grandissimi danni all’esistenza e alla sopravvivenza di molte Piccole e Medie Imprese del settore digitale. Compreso tutto l’ecosistema dell’editoria. Di fatto, secondo quanto indicato inizialmente dal MEF, sarebbe caduta quella discriminante sul fatturato che avrebbe equiparato – in termini di percentuali di tassazione – i grandi giganti del Tech alle aziende più piccole. Ora, però, il testo definitivo della Manovra che sarà approvato dal Parlamento – attraverso il ricorso al voto di fiducia – riporta la situazione a quella attualmente vigente.
Digital Service Tax in Manovra, cosa è cambiato
Come abbiamo più volte spiegato, l’articolo 4 del testo bollinato della Legge di Bilancio per il 2025 recitava:
- All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, il comma 36 è sostituito dal seguente: «36. Sono soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali i soggetti esercenti attività d’impresa che realizzano ricavi derivanti da servizi digitali di cui al comma 37 nel territorio dello Stato».
Paroloni che si possono tradurre in un concetto molto più semplice: la Digital Service Tax (quindi l’aliquota del 3% sui ricavi) non sarebbe più stata applicata esclusivamente alle aziende del tech che hanno un fatturato annuo (in Italia) superiore ai 750 milioni di euro. Ma a tutte. Dunque, anche a PMI ed editoria. Per fortuna, la mobilitazione e l’attenzione portata dai media sul tema, ha spinto uno dei partiti di maggioranza di governo (Forza Italia) a presentare un emendamento per cancellare quanto previsto inizialmente dal MEF. Il testo, definitivamente approvato dalla Commissione Bilancio della Camera, prevede che siano esentate dalla web tax:
«La concessionaria del servizio pubblico, i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici e i concessionari radiofonici soggetti alla giurisdizione italiana e gli editori di testate giornalistiche online registrate presso il Tribunale di competenza».
Dunque, l’ecosistema dell’informazione italiana e anche le Piccole e Medie Imprese che si occupano di digitale.