Cosa cambia tecnicamente tra il vecchio e il nuovo digitale terrestre

Categorie: Mass Media

Si abbandona lo standard MPEG2 e si approda a quello MPEG4. Allo stesso modo, la codifica DVBT verrà superata definitivamente, dal 1° gennaio 2023, da quella aggiornata DVBT-2

È una questione di tecnica e di progresso scientifico. Quello che sta alla base della differenza tra vecchio e nuovo digitale terrestre – in vista del primo switch-off tecnico del 20 dicembre e ancor di più in vista del definitivo passaggio ai nuovi standard del prossimo 1° gennaio 2023 – è il combinato disposto tra il miglioramento della qualità a livello di immagini e il risparmio di banda, nonostante il miglioramento della qualità stessa. Le ragioni che hanno animato l’Unione Europea prima e – di conseguenza – tutti gli altri Stati membri a indicare nuove formule per la trasmissione del segnale televisivo sono in linea con l’evoluzione della tecnologia e con i suoi nuovi codici.



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Differenza tra vecchio e nuovo digitale terrestre, cosa cambia dal punto di vista tecnico

Anche perché si è reso necessario, in seguito allo sviluppo della banda ultra-larga di nuova generazione del 5G, liberare le frequenze della cosiddetta banda 700, quella normalmente utilizzata per la trasmissione dei prodotti radio-televisivi. Succede, dunque, che – per la televisione – le frequenze sono state riviste e sono state dirottate su uno spazio di frequenze più ridotto, quello compreso tra 470-694 MHz. Da qui, la necessità di cambiare il flusso che va dalla produzione di un contenuto audio-visivo, fino allo schermo del televisore di fronte al divano del salotto dell’utente finale.



Con MPEG2 e MPEG4 si hanno le stesse informazioni audio-visive, ma con un peso più basso per quanto riguarda il formato MPEG4. Mentre il primo formato aveva una trasmissione broadcast tradizionale, per esempio attraverso i DVD, con un MPEG4 – formato creato appositamente per la distribuzione digitale – i file sono molto più leggeri e possono essere distribuiti attraverso la nuova generazione del DVTB, quella a cui si passerà a partire dal 1° gennaio 2023. Il DVTB-1 ha bisogno del 30% dello spazio di frequenze in più rispetto al DVTB-2. In questo modo, si guadagna tantissimo, si ha una possibilità di controllo sul flusso molto più performante, si riduce il margine d’errore e, soprattutto, viaggiando su spettri definiti, la probabilità di interferenza viene quasi azzerata.

Con lo switch, si adotterà un nuovo standard di compressione video – HEVC (Hight Efficiency Video Coding) H265 – che potrebbe far viaggiare video fino a 8k e che potrebbe permettere alle produzioni di implementare le interazioni tra ciò che viene trasmesso e il pubblico che lo osserva. Immaginate, dunque, una televisione che – potenzialmente – potrà contare su spazi di voto, di espressione di gradimento in tempo reale, sulla partecipazione in diretta (ma sul divano) a quiz o ad altri giochi.



Questo sistema, dunque, sposta in maniera decisa la produzione audio-visiva verso la digitalizzazione. Attraverso gli standard precedenti, era ancora possibile qualche spazio nell’analogico; adesso, invece, la produzione deve essere più snella, prevedendo almeno un investimento significativo, quello sulla macchina di encoding. Non si tratta di un investimento oneroso per quello che riguarda la produzione: la digitalizzazione permette la sostenibilità dei costi.

foto IPP/picture alliance