Altro giro, altro switch-off: e ai consumatori chi ci pensa? | INTERVISTA

Abbiamo intervistato il Presidente del Codacons e dell'Osservatorio Imprese e Consumatori per parlare dell'ennesima rivoluzione tecnologico-televisiva e degli effetti sui cittadini che devono spendere soldi per acquistare nuovi prodotti

19/12/2022 di Enzo Boldi

Ogni evoluzione tecnologico-digitale ha i suoi costi. Non solo per chi la sviluppa, ma anche per chi vuole usufruirne. Tutto nella legittima legge dell’offerta e della domanda. Ma questo piano si ribalta quando il cittadino-utente è “costretto” a dover spendere dei soldi per continuare a svolgere azioni quotidiane, come quella di stare seduto al tavolo, su un divano o sdraiato sul proprio letto per guardare la televisione. Perché, come già accaduto nel passato (anche meno recente) ogni switch off tv – ovvero la cessazione delle trasmissioni su alcune frequenze per quel che riguarda parte o tutte le emittenti – ha comportato dei costi sostenuti da parte del cittadino per poter continuare a utilizzare quel medium che da anni è quasi una “istituzione” nelle case degli italiani. Anche se negli ultimi tempi la tendenza è cambiata.

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Martedì 20 dicembre ci sarà la fine delle trasmissioni codificata in MPEG-2 che lasceranno spazio – dopo un lungo percorso a tappe – a quelle in MPEG-4, ovvero in alta definizione (HD). Uno switch off tv che consentirà di guardare trasmissioni (in diretta o meno) con standard qualitativi (non in merito al prodotto, ma all’immagine trasmessa e ricevuta dai televisori) molto più elevati rispetto al passato. Ma la novità costa. Non solo per chi l’ha sviluppata, ma anche per i singoli cittadini che devono necessariamente “aggiornarsi”.

Switch off tv del 20 dicembre, il parere del Codacons

Per far luce sull’effetto sui consumatori di questo ennesimo switch off tv che conclude solamente una parte del progetto che porterà, nel 2023, all’ennesima rivoluzione chiamata DVBT-2, abbiamo intervistato il Presidente del Codacons e Presidente Osservatorio Imprese e Consumatori, l’avvocato Gianluca Di Ascenzo: «Fin da subito abbiamo evidenziato le criticità insite nello switch-off, non solo in termini di maggiori costi per i singoli utenti, e per la collettività, ma anche come disagi subiti dai consumatori, specie quelli più anziani. Gli svantaggi sono superiori ai vantaggi, anche in considerazione del fatto che una consistente fetta di popolazione si è del tutto allontanata dai canali televisivi, e fruisce oramai sempre più di sevizi on demand visibili su tablet, smartphone, Pc, ecc…».

Lo switch off tv, dunque, secondo il Presidente Codacons Di Ascenzo ha più lati negativi che positivi dal punto di vista dell’utente-fruitore-consumatore. Nel corso degli anni, all’interno delle varie leggi di Bilancio sono stati inseriti e rinnovati alcuni bonus di Stato per incentivare il cittadino all’aggiornamento della propria “dotazione televisiva”, attraverso sconti sull’acquisto di nuovi televisori o apparati esterni di ricezione del segnale televisivo (i decoder) secondo il sistema MPEG-4. Tutto ciò è stato sufficiente per dare un contributo tangibile e per darlo nel prossimo futuro? «Assolutamente no, e per diversi motivi: gli utenti meno avvezzi alla tecnologia – pensiamo agli anziani – hanno dovuto richiedere l’intervento di un tecnico per risintonizzare i canali o installare decoder, andando incontro a spese non coperte da alcun bonus o incentivo. Ci risulta inoltre che i fondi stanziati per il bonus tv siano stati esauriti lo scorso 12 novembre, e il Governo non avrebbe previsto nuovi stanziamenti per il 2023». E non ci sono solamente questi aspetti – che restano comunque fondamentali – tecnici, ma anche delle fluttuazioni di mercato che hanno reso del tutto inefficaci questi bonus: «I prezzi dei televisori di nuova generazione hanno subito sensibili incrementi di prezzo tra il 2021 e il 2022, anche a causa della crisi delle materie prime che ha portato alla carenza di microchip e componentistica – ha spiegato Di Ascenzo ai microfoni di Giornalettismo -. Qualsiasi sussidio, quindi, è stato del tutto vanificato dai rincari dei listini al dettaglio, con il bilancio che resta negativo per quei consumatori che si sono visti costretti ad acquistare un nuovo apparecchio».

Gli italiani guardano ancora la televisione?

Ma c’è anche un altro grande problema: gli italiani guardano ancora la televisione? Se sì, utilizzano il televisore? L’avvocato Gianluca Di Ascenzo, dati alla mano, spiega perché come il principio stesso attorno al cosiddetto switch off tv sia del tutto fuori contesto storico: «Il mercato della Tv è profondamente cambiato negli ultimi 10 anni. Oltre ai numeri del Censis (di cui Giornalettismo ha parlato in questo approfondimento, ndr), sono gli stessi dati Auditel a dirci che una enorme fetta di cittadini ha abbandonato il mondo della televisione: oggi si vince la sfida dell’audience con 4 milioni di spettatori, qualche anno fa i programmi in prima serata più visti registravano 11-12 milioni di telespettatori. Non dipende solo dall’avvento delle pay-tv, che hanno sottratto spettatori alle reti generaliste, ma proprio da un radicale cambiamento nella fruizione dei contenuti». Modalità che, dunque, sono profondamente cambiate nel corso degli anni, con la società italiana (ma anche quella internazionale) che ha scelto i nuovi mezzi – figli di quella perenne evoluzione tecnologica – per compiere gesti e comportamenti che qualche decennio fa avevano una sola modalità: «Chi vuole seguire una partita di calcio, può acquistare il servizio e vederla dal tablet o dal telefonino. Una serie tv può essere seguita on demand in qualsiasi momento della giornata in base alle nostre esigenze, così come gli show più adatti ai giovani, disponibili in streaming o sul web. I provvedimenti relativi allo switch off sono stati pensati e pianificati anni fa, in un contesto totalmente diverso che oggi, come da voi sottolineato, appare non solo in controtendenza, ma addirittura obsoleto».

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