Di Maio teme la spaccatura del M5S in Aula sul processo a Salvini

31/01/2019 di Redazione

Il M5S spaccato in Aula al Senato in occasione del voto sul processo a Matteo Salvini. È questo il principale timore del capo politico Luigi Di Maio, che si trova ad affrontare in queste settimane la scelta più difficile da quando è arrivato al governo: approvare o bocciare una richiesta di autorizzazione a procedere dei magistrati nei confronti dell’alleato leghista. Salvini è accusato dal Tribunale dei Ministri di Catania di sequestro di persona aggravato per aver trattenuto per giorni 177 migranti a bordo della nave Diciotti della Guardia Costiera. I rischi di una condanna sono alti e l’appoggio dei 5 Stelle a Palazzo Madama per un no al processo è estremamente importante per la tenuta dell’esecutivo e della maggioranza che lo sostiene. Ma i pentastellati devono anche fare i conti con la loro storia e i loro statuti, caratterizzati da una linea sulla giustizia senza sconti nei confronti dei politici accusati di gravi reati.

Di Maio e il rischio di un M5S diviso sul processo a Salvini

Il gruppo del Movimento 5 Stelle, che finora ha sostenuto in maniera compatta la linea dei governisti come Di Maio, Danilo Toninelli e Alfonso Bonafede, potrebbe dividersi per la prima volta. Ieri la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha iniziato ad affrontare il caso. Si esprimerà con un voto palese entro fine febbrai. In seguito dovrà esprimersi l’Aula del Senato, sempre con voto palese. Forza Italia e Fratelli d’Italia sono saldamente schierati con la Lega per il no all’autorizzazione. Ma i loro voti non bastano. Il sostegno del M5S è fondamentale per raggiungere la maggioranza. I pentastellati in Giunta sono orientati a dire no, ma – come spiega oggi Il Messaggero – in Aula ci sono una dozzina di senatori pronti a smarcarsi. Un vero pericolo, soprattutto se la pattuglia dei dissidenti, quelli non intenzionati ad allinearsi, dovesse aumentare.

I dissidenti interni

Il voto decisivo in Aula è previsto intorno al 20 marzo. Di Maio deve evitare fino ad allora ad unire i suoi evitando che votino 30 in un modo e 40 in un altro. «Sarebbe un danno peggiore del sì al processo, la dimostrazione cioè che non siamo affidabili», sono parole che il quotidiano Il Messaggero attribuisce al vicepremier M5S. «Questo è un passaggio delicato», è quanto afferma invece il ministro pentastellato Riccardo Fraccaro. Gli occhi dei vertici sono puntati soprattutto sulle scelte dell’ala più ortodossa guidata da Roberto Fico, di quelli che non vogliono rinunciare ad uno dei capisaldi del Movimento. Ma i malumori potrebbero arrivare anche da altre aree. A manifestare un certo disappunto è stato ieri anche il deputato Carlo Sibilia, oggi sottosegretario all’Interno. «Se il caso andrà in Aula voteremo assolutamente sì», ha detto. E nelle stesse ore veniva confermato il malessere di Paola Nugnes, già oppositrice interna al decreto Salvini su sicurezza e immigrazione. Se il M5S si schiererà con il leader della Lega la senatrice lascerà il gruppo parlamentare. Segnali non proprio positivi alla vigilia di un’importante campagna elettorale. La partita è appena iniziata.

(Foto da archivio Ansa: il vicepremier Luigi Di Maio durante l’evento M5S di presentazione di reddito di cittadinanza e quota 100 a Roma, il 22 gennaio 2019. Credit immagine: ANSA / ANGELO CARCONI)

Share this article