Di Battista parla dei finanziamenti per ricostruire Notre-Dame: «E allora alla Libia?»

Su Parigi, in queste ore, stanno piovendo centinaia di milioni di euro promessi da aziende, marchi e personaggi di spicco nel mondo dell’economia e della finanza per la ricostruzione delle porzioni della cattedrale di Notre-Dame andate distrutte nello spaventoso incendio del tardo pomeriggio di lunedì. Di questo tema ha parlato anche Alessandro Di Battista sul proprio profilo Facebook, facendo un paragone tra la corsa al trovare e portare soldi alla Francia per rimettere in piedi la cattedrale parigina e il nulla che accompagna la situazione in Libia, con la capitale Tripoli sotto assedio e bombardata nella notte.

«Non voglio urtare la sensibilità di nessuno, dico solo che a Parigi, grazie a Dio, non è morto nessuno – scrive Alessandro Di Battista sul proprio profilo Facebook -. Quel tetto e quella guglia verranno ricostruiti. Vedrete, il denaro per farlo non mancherà. Quel denaro che al contrario non arriva mai quando si tratta di altre ricostruzioni o di altre latitudini del pianeta. Nell’attesa di conoscere i responsabili dell’incendio parigino, così, tanto per esercitare la memoria, provo a ricordare alcuni dei responsabili della guerra che si sta combattendo oggi a Tripoli, città, tra l’altro, a noi più vicina di Parigi».

Di Battista e l’attenzione mediatico-economica su Notre-Dame

Questione di prossimità che va a toccare anche quel tasto dell’«aiutiamoli a casa loro» molto caro ad alcuni esponenti di rilievo di questa maggioranza. Il discorso dell’attivista del Movimento 5 Stelle è sensato, anche se va a toccare dei temi che – da sempre – creano dibattito nell’opinione pubblica. Non è la prima volta (anzi) che quando viene toccato un patrimonio artistico ci sia la corsa alla beneficenza da parte di chi ha abbastanza denaro per finanziare ricostruzioni e cose simili. Però, sta di fatto che la situazione in Libia è sempre più grave.

In Libia c’è la guerra

«A poche centinaia di km dalle coste italiane si sta combattendo una guerra. Ripeto, una guerra – scrive Di Battista, sottolineando un aspetto che, invece, è stato snobbato da Matteo Salvini nelle ultime ora -. Due giorni fa i morti sono arrivati ad una cifra spaventosa: 120 di cui 28 bambini. Trenta ore fa ne hanno contati oltre 150. Da quelle parti c’è chi non fa in tempo a mettersi in salvo. C’è chi non ci pensa proprio a filmare con il cellulare il crollo di un tetto di una casa o un incendio divampato per lo scoppio di una granata. Da quelle parti distruzione e sgomento, quanto meno dal 2011 (anno dei bombardamenti in Libia) ad oggi, sono la normalità».

(foto di copertina: ANSA/FERMO IMMAGINE RAITRE)

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