Ora con i deepfake dei personaggi famosi si fanno anche le pubblicità

E generano problemi non da poco, potenzialmente, secondo gli esperti che analizzano il fenomeno

25/10/2022 di Ilaria Roncone

Andiamo con ordine partendo da qualche esempio quando si parla di deepfake nella pubblicità: la settimana scorsa è comparso Elon Musk in un video di marketing della strartup di investimenti immobiliari reAlpha Tech Corp, lo scorso mese è toccato a Tom Cruise e Leonardo Di Caprio in un video dell’azienda promozionale di machine-learning Paperspace Co e – ancora prima – è stato il turno di Bruce Willis che aiutava a disinnescare una bomba in una pubblicità della società di telecomunicazioni russa MegaFon. Si fa largo uso già da un po’, insomma, della tecnica che sempre più viene anche utilizzata per diffondere fake news e creare disinformazione su tematiche come la guerra in Ucraina.

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Il fenomeno dei deepfake nella pubblicità

Il punto fondamentale è che, spesso e volentieri, i personaggi coinvolti non hanno nessun tipo di accordo con le aziende che sfruttano i loro deepfake (Musk, Cruise e DiCaprio non hanno mai nemmeno accettato di sostenere quelle aziende). Le rappresentazioni generate a computer vengono in sostanza sfruttate per fare dire o fare ai personaggi famosi scelti cose che in realtà non hanno mai detto o fatto. Ci sono parodie molto ben fatte che, allo sguardo di uno spettatore non attento, potrebbero risultare come il personaggio ritratto che realmente si è prestato allo spot.

Che male c’è? Secondo alcuni esperti – come riporta il WSJ – c’è un crescente rischio di adozione di questi deepfake di personaggi famosi per plasmare il settore in maniera profonda andando a far nascere problematiche sia a livello legale che a livello etico. Partiamo da un punto fondamentale: nuove possibilità creative per i brand che, sfruttando al meglio la tecnologia e affinando l’utilizzo tramite mani esperto, potrebbero inserire grandi star nelle pubblicità senza doverle pagare. Col fatto, però che si tratta di azioni non autorizzate si viene a creare una zona grigia – appunto – sotto il punto di vista legale.

I personaggi coinvolti infatti, secondo esperti di settore, potrebbero ritrovarsi nella situazione in cui non sono in grado di contenere la proliferazione di riproduzioni digitali non autorizzate di se stessi che potrebbero potenzialmente manipolare la loro reputazione e il loro marchio recando danno. Molto chiaro il parere di Ari Lightman, professore di media digitali e marketing presso l’Heinz College of Information Systems and Public Policy della Carnegie Mellon University: «Abbiamo già abbastanza difficoltà con le informazioni false. Ora abbiamo i deepfake, che sembrano sempre più convincenti». Il punto è che, attualmente, non esistono leggi che regolino l’utilizzo di deepfake nella pubblicità.

Deve essere chiarito che si tratta di un deepfake

Per gli spettatori deve essere chiaro che le celebrità non hanno prestato la propria immagine e che non appoggiano necessariamente quei prodotti. reAlpha – che ha utilizzato l’immagine di Musk – ha dovuto includere «solidi disclaimer» che specificassero apertamente che il contenuto era satirico, come ha dichiarato il chief marketing officer Christie Currie.

«Ovviamente c’è sempre un po’ di rischio con qualsiasi tipo di contenuto parodistico – afferma Currie in un’intervista -ma in genere, se è inteso come educativo, satirico e se ci sono delle clausole di esclusione della responsabilità, non ci dovrebbero essere problemi, a patto che non si stia spingendo una transazione». «Molte di queste aziende si avvicinano di proposito al limite per poter quasi trollare le celebrità a cui si rivolgono», consapevoli che difficilmente verranno denunciati da personaggi di quel calibro se sono brand piccoli.

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