Essere anonimi è davvero un sinonimo di sicurezza dei tuoi dati personali?

I broker di dati sostengono che anche le informazioni personali protette da anonimato in realtà sono accessibili e che quindi l'anonimato è solo un'astrazione

20/12/2021 di Giorgia Giangrande

E se i nostri dati personali – seppur protetti dall’anonimato – fossero in realtà facilmente riconducibili ai singoli individui e quindi non meno innocui di quelli non protetti?

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L’anonimato protegge davvero i nostri dati personali?

Nonostante molti dei dati personali che inseriamo in rete e con i quali ci registriamo a siti e piattaforme varie siano protetti da anonimato, questi in realtà sono accessibili in qualsiasi momento. Infatti, come ha riportato anche Wired, l’anonimato è un’astrazione: anche se una società non ha il vostro nome, può comunque acquisire il vostro indirizzo, la cronologia delle ricerche su internet, i log del GPS dello smartphone e altri dati di questo tipo. Eppure, la narrazione errata dei dati personali protetti da anonimato continua a persistere e a convincere i legislatori, a scapito di una forte regolamentazione della privacy.

Molti broker sostengono che i dati che comprano e vendono «non sono collegati agli individui». La Experian – società che anche in Italia si occupa di analizzare le informazioni creditizie di persone e aziende – sostiene che la sua ampia condivisione di dati con terze parti include informazioni che sono «non personali, de-identificate o anonime». In realtà, le aziende che dicono che tale anonimato protegge gli individui dal danno stanno palesemente dichiarando il falso. Secondo Wired, il fatto che i broker di dati sostengano che i loro dati anonimizzati siano privi di rischi è un’affermazione assurda, poiché il loro intero modello di business si basa già in partenza sulla premessa che possono tracciare selettivamente i dati e le informazioni di ogni singola persona sia nel loro target.

Questo discorso dovrebbe aiutare le persone ad aprire gli occhi circa la loro condotta e presenza in rete; anche perché se quegli stessi utenti non si informano in autonomia, devono aver chiaro il fatto che nessuna delle aziende che vendono i loro dati dirà mai loro che le loro informazioni sono facilmente rintracciabili, anche se «protette» dall’anonimato. E quindi, alla luce di questa evidente non segretezza, fino a che punto è utile questo susseguirsi di continue modifiche alle policy sulla privacy che i vari Paesi mettono in atto?

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