Come funziona il Daspo urbano appena inasprito dal governo

Dopo il caso di Willy Duarte Monteiro, l'esecutivo ha deciso per un giro di vite per le risse dentro e fuori i locali. E non solo

06/10/2020 di Enzo Boldi

Nel decreto approvato nella notte dal Consiglio dei Ministri riunitosi a Palazzo Chigi compare, come già annunciato nei giorni scorsi, un inasprimento dei provvedimenti per chi si rende protagonista di risse. Si parla di Daspo urbano (anche se l’acronimo Daspo era nato facendo riferimento ai divieti di assistere alle manifestazioni sportive) per tutte quelle persone che si sono rese protagoniste di atti di violenza o hanno ricevuto una o più denunce (anche senza condanna definitiva) per vendita o cessione di sostanze stupefacenti nei precedenti tre anni.

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Un giro di vite sugli atti di violenza e sullo spaccio di droga all’interno dei locali italiani. Come spiega il comunicato stampa pubblicato sul sito del governo al termine dell’ultimo Consiglio dei Ministri, con il documento appena approvato «si rafforza il cosiddetto ‘Daspo urbano’, rendendo possibile per il Questore l’applicazione del divieto di accesso nei locali pubblici anche nei confronti dei soggetti che abbiano riportato una o più denunce o una condanna non definitiva, nel corso degli ultimi tre anni, relativamente alla vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Inoltre, si interviene sul trattamento sanzionatorio conseguente alla violazione del divieto, prevedendo, in particolare, la pena della reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 euro».

Daspo urbano, come il governo ha inasprito le pene

Il Daspo urbano, oltre all’inasprimento delle pene per reati legati allo spaccio e alla cessione di sostanze stupefacenti, fa riferimento anche a tutti quei cittadini che si sono resi protagonisti di atti di violenza: «Si inaspriscono le pene per i soggetti coinvolti in risse, prevedendo che, qualora qualcuno resti ucciso o riporti lesioni personali, il solo fatto della partecipazione alla stessa sia punibile con la reclusione da sei mesi a sei anni». Questa norma va nella direzione indicata dopo il caso di Collefferro con l’omicidio del giovane Willy Duarte Monteiro.

 

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