Il COVID-19 si diffonde negli USA e Trump lo paragona all’influenza

Non solo Italia. Il nuovo coronavirus assomiglia sempre di più una malattia globale, capace di diffondersi a più latitudini. E se l’Italia finora è il paese occidentale a pagare il tributo più alto, anche negli USA il virus non ha tardato a fare capolino. Finora i casi confermati negli States sono stati 567 diffusi in molti stati, mentre il virus ha provocato finora 22 vittime. Eppure, nientemeno che il Presidente degli Stati Uniti non ha esitato a paragonarlo all’influenza.

Trump ricorda infatti che nello scorso anno sono morti 37mila americani per una “banale influenza”, patologia per la quale muoiono tra 20.000 e 70.000 americani. Nonostante questo l’economia non si è fermata, così come la vita sociale. Al momento, ricorda il presidente americano, il casi confermati sono appena 546 e i morti per 22. Esorta poi gli elettori a pensare a questa cosa. Il problema è che ciò a cui gli americani dovrebbero realmente pensare è all’irresponsabilità del loro presidente. Dati alla mano, secondo il CDC (Il centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, la massima istituzione sanitaria americana) le vittime per l’influenza in America, nel corso della stagione invernale 2018/2019 sarebbero ammontate a 34.200 con oltre 490mila ospedalizzazioni. Un dato che va però messo in relazione con la diffusione dell’influenza: nel corso della scorsa stagione invernale circa 35.5 milioni di americani hanno contratto la patologia influenzale. Confrontando il dato della diffusione, con quello delle vittime, si apprende che negli USA la letalità influenzale è stata pari allo 0.1%, una percentuale certo non trascurabile, ma assolutamente non paragonabile con quella del COVID-19. L’OMS ha infatti dichiarato che il tasso di letalità per il nuovo coronavirus è del 3.4%: il virus sarebbe almeno 34 volte più letale rispetto alla mortalità influenzale sperimentata l’anno scorso negli USA.

Ma la nuova uscita di Trump non stupisce. Nelle scorse settimane il presidente americano non aveva esitato a contestare i numeri forniti dall’OMS e, in una letterale sbornia di egomania, aveva definito la malattia una “bufala” creata dai democratici. Una modalità molto simile a quella usata quotidianamente durante la sua presidenza per smentire il cambiamento climatico e i suoi effetti.

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