Uno studio italiano spiega perché in spiaggia siamo al sicuro dal Covid anche senza mascherina

Il coronavirus verrebbe disattivato dai raggi ultravioletti in pochi secondi. Questo il risultato raggiunto dagli studi di un team di medici e astrofisici italiani che ha analizzato il rapporto che intercorre tra l’andamento della curva epidemiologica e la quantità di raggi solari nei vari Paesi. Il risultato è che c’è una correlazione evidente, dato che potrebbe dar modo di risolvere il problema del Covid nei luoghi chiusi. Lo studio è stato condotto da membri dell’Università degli Studi di Milano dipartimento “Luigi Sacco”, dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dell’Istituto nazionale dei tumori.

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«Carica virale delle goccioline disattivata in pochi secondi dai raggi solari»

Mario Clerici, primo firmatario dei lavori, ha risposto ad alcune domande del Corriere della Sera. L’esperimento prevedeva di far sì che i raggi Uv di tipo C colpissero dei droplet contenenti Sars-CoV-2 in diverse dosi: una dose bassa di virus, una dose cento volte più alta – presente in un soggetto con forma grave di Covid – e una dose mille volte più alta – inesistente in qualsiasi situazione reale -. Il risultato non è cambiato: «In tutti tre i casi la carica virale è stata inattivata in pochi secondi al 99,9% da una piccola quantità di raggi UvC: ne bastano 2 millijoule per centimetro quadrato». Con l’utilizzo di raggi UvA e UvB – quelli che arrivano sulla superficie terrestre – i risultati sono molto simili.

«Minore è la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di infezioni»

A questa conclusione si è giunti analizzando la «quantità di raggi solari in 260 Paesi, dal 15 gennaio a fine maggio». Il risultato? «La corrispondenza con l’andamento dell’epidemia di Sars-CoV-2 è risultata quasi perfetta: minore è la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di infezioni». Questa correlazione chiarirebbe come mai «in Italia, ora che è estate, abbiamo pochi casi e con pochi sintomi, mentre alcuni Paesi nell’altro emisfero — come quelli del Sud America, in cui è inverno — stanno affrontando il picco». La sola eccezione sono i casi di «Bangladesh, India e Pakistan dove, nonostante il clima caldo, le nuvole dei monsoni bloccano i raggi solari e quindi l’epidemia è in espansione». Nello studio in questione sono state prese in esame anche «altre variabili, come l’uso della mascherina e il distanziamento interpersonale».

Siamo al sicuro dal coronavirus in spiaggia anche senza indossare la mascherina?

Stando agli studi condotti da questi esperti la risposta è sì: «I nostri esperimenti portano ad affermare questo, senza dubbio. Le goccioline che possono essere emesse da un eventuale soggetto positivo vengono colpite dai raggi solari e la carica virale è disattivata in pochi secondi. Il discorso potrebbe valere anche per superfici di ogni genere». Dallo studio emerge anche come sia auspicabile utilizzare le lampade a raggi Uv per disinfettare i luoghi chiusi «con quantità minime di Uv e in tempi brevi. Potrebbero essere utilizzate nei cinema, negozi, uffici e anche nelle scuole».

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