Individuato il primo focolaio europeo del coronavirus: è arrivato in Italia dalla Germania

Non siamo noi il focolaio d’Europa. La notizia arriva dalla Germania, precisamente tramite una lettera redatta da medici tedeschi e successivamente pubblicata sul New England Journal of Medicine. Il primo contagiato europeo sarebbe – almeno secondo quanto scoperto fino ad ora – un uomo tedesco di 33 anni che ha contratto l’infezione manifestando i primi sintomi il 24 gennaio. Nel complicatissimo percorso a ritroso che va fatto per comprendere da dove giunge il primo caso di coronavirus in Europa i medici sono risalti al caso di quest’uomo spiegando come sarebbe avvenuto il contagio.

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La storia del primo contagiato tedesco

Il primo contagiato europeo potrebbe essere stato individuato e, almeno per ora, sarebbe un uomo tedesco che ha manifestato i primi sintomi del coronavirus il 24 gennaio per poi migliorare il 27 gennaio. Prima di stare a casa in data 20 e 21 gennaio il 33enne ha partecipato a un meeting in cui era presente anche una sua collega di Shanghai, la quale è rimasta in Germania dal 19 al 22 gennaio senza presentare alcun sintomo ma risultando successivamente positiva al test. Una volta guarito l’uomo è tornato a lavoro. Secondo i medici il contagio sarebbe avvenuto nel periodo di incubazione del virus, che rimane «trasmissibile anche dopo il termine dei sintomi». Un nuovo tassello che si aggiunge alla mappa genealogica del coronavirus pubblicata sul sito Netxstrain.

L’infezione arrivata in Italia sarebbe partita da lui

Sarebbe il focolaio tedesco, dunque, ad aver alimentato in maniera silenziosa la catena di contagi fino a portare il coronavirus – a partire dal primo febbraio – in Messico, Finlandia, Scozia e Italia. «Circa un quarto delle nuove infezioni in Messico, Finlandia, Scozia e Italia, come i primi casi in Brasile, appaiono geneticamente simili al focolaio di Monaco», sostengono i dottori. Il caso del paziente 33enne contagiato dalla collega di Shanghai asintomatica era già stato più volte citato come prova del fatto che il coronavirus è trasmissibile anche in assenza di sintomi. Nel caso specifico la sede dell’azienda è stata chiusa immediatamente dopo la comparsa dei primi casi, ma non è bastato poiché «il fatto che un focolaio sia stato identificato e contenuto non significa che questo caso non abbia continuato ad alimentare una catena di trasmissione che non è stata rilevata finché non è cresciuta al punto da avere dimensioni consistenti», hanno precisato i ricercatori.

(Immagine copertina da Google Maps)

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