Se il Covid-19 è usato come arma per opprimere i palestinesi

Al 30 aprile sono 507 i casi confermati di coronavirus in Palestina, di questi solo due i decessi e 70 le guarigioni. Abbiamo parlato di Palestina con l’esperto collaboratore di Daily Muslim Raffaello Yazan Villani, per sapere come si vive nei territori occupati sotto il ramadan, dovendo fronteggiare tanto le restrizioni degli occupanti israeliani quanto quelle dell’emergenza sanitaria. «A Gaza, come in tutta la Palestina, sono state chiuse scuole di ogni ordine e grado, università e masjid. Nessuna funzione religiosa è prevista per il ramadan». Nonostante questo, però, «la gente è in giro per mercati e negozi, specialmente a Gaza, dove sono stati aperti, da parte di Hamas, due nuovi grandi magazzini, i cosiddetti mall, che stanno monopolizzando l’attenzione di tutti i gazawi».

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Coronavirus in Palestina, il punto della situazione

Dobbiamo anche tener conto di cosa sta accadendo in questo periodo in Cisgordania: «ii coloni, forti della copertura dell’idf (forze di difesa israeliane) e del governo sionista, stanno approfittando del lockdown dei palestinesi, rubando la terra e impiantando abusivamente allevamenti o avamposti, i quali diventano insediamenti, illegali naturalmente, quando interviene l’esercito per difendere un colono, distruggendo le abitazioni dei villaggi e costruendo immediatamente edifici o requisendo senza nessuna regola case dei contadini palestinesi».

Nel contesto appena descritto, chi rischia di più? «Quelli che sono esposti maggiormente al pericolo d’infezione, sono i lavoratori che dovendosi muovere per recarsi sul luogo di lavoro, non sono tutelati. Lo stato occupante non dà garanzie e non protegge i palestinesi, e al governo palestinese è vietato avere giurisprudenza nei territori occupati illegalmente dai coloni, come nelle zone di Israele, dove i palestinesi si recano al lavoro. Il pericolo maggiore che le autorità mediche temono, infatti, è proprio questo tipo di possibile contagio».

Le dichiarazioni nel corso dell’epidemia di coronavirus in Palestina

«Il segretario del Comitato Esecutivo dell’Organizzazione della Liberazione della Palestina (Olp), Saeb Erekat, ha affermato che gli insediamenti e la sottrazione della terra ai palestinesi stanno subendo un incremento esponenziale in questi mesi di pandemia, dato che il mondo intero è preso dai problemi inerenti alla Covid-19 e sembra non guardare molto in Palestina».

Villani ne trae la conclusione che «il coronavirus è sì un problema sanitario ed economico, ma può anche divenire un vile pretesto per raggiungere i propri fini e scopi, come quelli del governo sionista di Tel Aviv. Tutto questo sta portando molto velocemente all’attuazione del famoso piano di gennaio, il cosiddetto “Deal of the century” che fu presentato alla Casa Bianca e, naturalmente, rifiutato da tutte le nazioni e le società degne di avere nel proprio dna i concetti di rispetto e libertà».

 

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