Primo caso di COVID-19 a Lesbo: timore per la diffusione di un’epidemia in un campo sovraffollato

Un’isola che è diventata ormai un simbolo. Mentre si alternano i drammatici racconti dall’Isola di Lesbo, diventata per la sua stretta vicinanza con la Turchia, il confino estremo del continente europeo e si assiste impotenti al dramma dei profughi siriani e afgani “sospinti” verso le coste greche e respinti da molti abitanti e dall’estrema destra ellenica, una nuova tegola si abbatte su una situazione già molto critica. Secondo il Guardian nell’isola si sarebbe infatti confermato il primo caso di Coronavirus: si tratterebbe di una donna di 40 anni, ricoverata a Mytilene ieri, con sintomi influenzali. La donna sarebbe tornata un mese fa da un viaggio a Israele. I timori ora sono ovviamente che il virus possa propagarsi ai profughi dell’isola, innescando un contagio dagli esiti potenzialmente catastrofici.

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Coronavirus a Lesbo, la situazione: il rischio di una epidemia nel campo profughi

La donna lavorava come cassiera in un supermercato di Plomari, una cittadina che dista circa 14 km dalla capitale. Quel che è certo che la minaccia coronavirus non è stata di certo la prima priorità nell’isola, falcidiata da giorni da attacchi contro i profughi, ma anche contro le organizzazioni umanitarie indipendenti e contro i giornalisti.

Il caso, adesso, è stato confermato e le associazioni che si stanno occupando dei migranti assiepati nei campi profughi di Lesbo sono davvero preoccupate. Se il contagio non fosse isolato e se si dovesse diffondere in qualche modo tra i migranti che si trovano ammassati sulle coste dell’isola greca, ci sarebbe un effetto devastante. Nel campo di Moria, ci sono 20mila persone all’interno di una tendopoli che non ha acqua, figuriamoci il sapone per prevenire il contagio. La situazione di emergenza non può farci abbassare lo sguardo perché, anche in quell’angolo di Europa, il rischio della diffusione dell’epidemia può essere fatale.

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