Il racconto di un padre che conosceva i rischi della Lanterna Azzurra di Corinaldo
08/12/2018 di Enzo Boldi
Un padre racconta la discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Sul sito di informazione locale marchigiana Vivere Senigallia, il giornalista Luca Pagliari ha raccontato le angosce, le attese e i timori che ha sempre avuto quando sua figlia, la giovane Marta, andava alle serate o ai concerti in quel locale in provincia di Ancona. Questa volta lei non era presente al concerto di Sfera Ebbasta, ma il brivido che corre lungo la schiena di un padre quando la propria bambina (o bambino) è fuori casa la notte è sempre lo stesso.
Il tutto è partito dal racconto di un suo amico, la cui figlia Laura era lì, alla Lanterna Azzurra di Corinaldo al concerto di Sfera Ebbasta. La telefonata delle giovane non può che far rabbrividire un genitore: «Papà, qui c’è stata una tragedia, io per fortuna sono scappata dalla parte giusta». Questa volta a Laura è andata bene, ma per altre sei persone (cinque minorenni e una donna di 39 anni) e altri sette/otto feriti gravi il lieto fine non c’è stato.
Il racconto di un padre che conosce la Lanterna Azzurra
La mancanza di tranquillità di un genitore che sa che il proprio figlio è andato alla Lanterna Azzurra di Corinaldo viene spiegato dalle stesse parole di Luca Pagliari: «Ho sentito decine di volte, in questi anni, pronunciare da mia figlia questa frase: ‘Papi, vado a La Lanterna’. Mai stato tranquillo di fronte a quelle parole, perché le poche volte che la sono andata a prendere (in genere rientrava con la navetta) mi ero trovato di fronte a un gelido campo profughi perso nel mezzo della campagna. Ragazzi a torso nudo che bivaccavano all’aperto alle quattro di mattina ricoperti solo dalla nebbia pungente dell’inverno. Vomito ovunque, gente che camminava senza meta stordita da alcol e non solo».
La discoteca di Corinaldo sempre sovraffollata
Ma questo accade un po’ ovunque. I dettagli che Luca Pagliari rivela in seguito, sono in linea con le prime ipotesi investigative fatte dagli inquirenti. «Tutte le volte la stessa domanda fatta a mia figlia: ‘Ma come facevate a stare tutti lì dentro?’ è tutte le volte la stessa risposta : ‘Hai ragione papi, ogni tanto devi uscire a respirare, perché lì dentro non ce la fai a muoverti’. Ogni rientro a casa all’alba aveva il sapore di un pericolo scampato. La notte di un genitore si divide in due parti: la prima è fatta di un sonno leggero accompagnato da un sottile velo di angoscia, perché sai che tuo figlio (la cosa più importante della tua vita) è stipato come un maiale in un allevamento intensivo, all’interno di un anonimo capannone. Un fragile cristallo sbattuto dentro la centrifuga di una lavatrice. La seconda parte della notte, quella in cui riesci finalmente a prendere sonno, corrisponde al rumore della chiave nella serratura della porta di casa. Allora ti rilassi, allora pensi ‘è andata bene anche questo giro’. Questa volta è andata diversamente. Adesso tutto è veramente accaduto. Probabilmente dentro erano in troppi, probabilmente qualcuno ha utilizzato una bomboletta di gas urticante». Questa volta è andata bene a molti, ma sei vittime sono un prezzo altissimo da pagare per un concerto di musica.
(foto di copertina: Carlo Leone, Ansa)