Cuneo, così un riccio mi ha cambiato la vita: «In fondo la felicità è fatta di niente»

«L’uomo sta distruggendo rapidamente l’ambiente che lo circonda e che gli ha garantito la sopravvivenza per migliaia di anni. Ma noi possiamo fare molto per proteggere la natura, iniziando dai nostri giardini». Quando Massimo Vacchetta risponde a Giornalettismo non dorme da molte ore, gli ospiti del suo Centro recupero ricci di Novello, in provincia di Cuneo, richiedono cure costanti, e il telefono non smette mai di squillare.«Ormai ci chiamano da tutta Italia, talvolta pure dall’Europa per avere dei consigli», ammette.

LEGGI ANCHE > Huff, il riccio «vampiro» star di Instagram

Ecco come è nato La Ninna, l’unico centro di recupero per ricci in Italia

‘La Ninna’ è l’unico centro di recupero per ricci in Italia. Massimo lo ha aperto nel 2014 dopo un incontro che, è il caso di dirlo, gli ha cambiato la vita. «All’epoca facevo il veterinario e mi occupavo di bovini, un lavoro che dopo 20 anni di onorata carriera non mi soddisfaceva più – racconta – Nel pieno della mia crisi esistenziale si è presentata in ambulatorio una signora con una cucciola di riccio: l’aveva trovata in giardino e respirava appena. La madre probabilmente era morta».

Massimo non ne sapeva molto di ricci, era specializzato in tutt’altro settore. Ma ipnotizzato da quel cucciolo di 20 grammi appena, decide di intraprendere una corsa contro il tempo per salvarle la vita. Contatta così un’esperta, che lo guida passo passo nel prendersi cura dell’animale. Al costo di levatacce e corse per la città (la cucciola doveva essere allattata ogni due ore) riesce nel suo intento. «La chiamai Ninna. Il nome che poi decisi di dare anche al centro», spiega Massimo.

Massimo Vacchetta
Massimo Vacchetta si prende cura di uno degli ospiti del Centro di recupero per ricci La Ninna

Oggi il rifugio ‘La Ninna’ conta, oltre a Vacchetta, altri 4 collaboratori e qualche volontario; personale capace e motivato ma spesso sotto organico rispetto alla mole di lavoro del centro che ogni anno ospita 300 ricci.

«Non ci fermiamo mai»: la giornata tipo al centro per ricci La Ninna

La giornata al rifugio inizia molto presto. «Dalle 8 del mattino a metà pomeriggio puliamo tutte le gabbie e i recinti, diamo da mangiare agli ospiti, controlliamo le loro condizioni, li pesiamo», spiega Massimo. Lui nel frattempo si occupa anche delle terapie specifiche di ciascun riccio: somministra antibiotici, vitamine, flebo, aerosol. «Abbiamo anche una macchina per l’ossigeno per chi fa difficoltà a respirare». E poi c’è la nursery del centro recupero ricci di Novello, che ospita i cuccioli di riccio rimasti orfani.

Centro recupero per ricci La Ninna
Un cucciolo di riccio viene nutrito al Centro di recupero La Ninna

«Al momento ci stiamo prendendo cura di circa 150 esemplari, di cui una cinquantina fortemente disabile», precisa Vacchetta. Il rifugio ha infatti una sezione dedicata a quei ricci che, pur potendo portare avanti una vita dignitosa, non possono essere liberati nuovamente nel loro habitat perché non autosufficienti. Come Pippo, un piccolo riccio che ha perso parte del naso a causa dell’attacco di un animale, o per essersi imbattuto in un decespugliatore.

Il riccio è un animale a rischio e la colpa è tutta dell’uomo

Il fattore di rischio principale per i ricci è, neanche a dirlo, l’uomo. Per molti motivi. A maggio 2019 l’Ipbes, l’organismo dell’Onu che monitora la biodiversità sul nostro Pianeta, presentò un rapporto allarmante che mostrava, dati alla mano, come l’azione dell’uomo rischiasse di far scomparire in tempi relativamente brevi un milione tra specie vegetali e animali. Il testo, una sintesi di oltre 1800 pagine frutto di tre anni di censimenti, documentava come in Europa tra le specie più colpite ci fosse anche il riccio.

centro recupero per ricci La Ninna
Un ospite del Centro di recupero per ricci La Ninna

Il pericolo per questo piccolo insettivoro notturno inizia, banalmente, in giardino con decespugliatori e frese: i ricci amano passare il tempo sotto i cespugli dove trovano fresco e protezione dai predatori. «Bisogna usare cautela e controllare prima di procedere: si rischia si ucciderli o mutilarli, ma anche una ferita non pericolosa può essere dannosa perché può infettarsi facilmente», spiega Vacchetta del centro recupero ricci di Novello.

Lo stesso discorso vale per reti e recinzioni, soprattutto quelle a maglie medio-larghe; i ricci ci si infilano nel tentativo di entrare in giardino e non riescono più a indietreggiare a causa degli aculei. «Per loro possono rappresentare delle trappole mortali: bisogna mettere la rete ad almeno 10 cm dal terreno di modo che il riccio possa passarci sotto tranquillamente, oppure fare dei buchi (10×10 cm) alla base ogni due o tre metri creando così dei passaggi».

Tra le ‘trappole’ per ricci vi sono poi i rifiuti di plastica; le auto; gli incendi controllati di sterpaglie, cumuli di fieno e rovi (pratica vietata peraltro); le compostiere artigianali; i cani aggressivi.

Centro recupero per ricci La Ninna
Centro recupero ricci La Ninna

Così stiamo togliendo ai ricci e a migliai di altre specie il loro habitat naturale

Ma il problema principale è rappresentato dalla progressiva scomparsa del loro habitat, boscaglie e macchie, a beneficio di progetti residenziali e aree coltivate. A questo proposito risulta letale l’uso di pesticidi, soprattutto lumachicidi che possono essere ingeriti direttamente o tramite le lumache di cui i ricci sono ghiotti. “Il problema è che l’uomo sembra sempre più impegnato a distruggere la natura invece che proteggerla“, afferma Vacchetta. “L’estendersi di aree cementificate, di costruzioni, di monocultura sta privando i ricci e migliaia di altre specie delle loro fonti di sostentamento“.

Anche l’uomo corre grandi rischi: lo dimostra l’epidemia di coronavirus

«Eppure l’epidemia di coronavirus che stiamo vivendo ci ha già dimostrato che continuare a sottrarre alla natura ampi territori per convertirli ad aree abitate o a terre coltivate, sul lungo periodo risulta pericoloso anche per l’uomo», afferma Massimo. Da tempo infatti gli epidemiologi mettono in guardia governi e governanti circa i pericoli che comporta la progressiva distruzione degli habitat naturali sul nostro pianeta. Sia per gli animali che per l’uomo.

Da una parte infatti si impedisce la sopravvivenza dei primi, dall’altra l’avanzare delle aree abitate dall’uomo porta a un’inusitata vicinanza tra l’essere umano e l’animale che, come nel caso del coronavirus, rende più facile il cosiddetto ‘spillover’ overo il passaggio di un patogeno da una specie all’altra.

Centro recupero per ricci La Ninna
Centro recupero per ricci La Ninna

Eppure basta davvero poco per iniziare a prendersi cura dell’ambiente che ci circonda e dei suoi abitanti. Nel caso dei ricci, si può iniziare da qualche accorgimento nel proprio giardino, suo habitat naturale da quando l’estensione delle aree boschive ha iniziato a diminuire.

Centro recupero ricci di Novello

«Quando mi hanno portato Ninna, il mio primo riccio, ho capito che la sua vita dipendeva dalla mia. Mi sono sentito investito di una responsabilità enorme – racconta Massimo Vacchetta del centro recupero ricci di Novello -. Ma col tempo ho capito che anche la mia vita dipendeva dalla sua: occuparmi di lei mi ha fatto realizzare quanto fosse importante prendersi cura della natura che ci circonda, e come in fin dei conti la felicità sia fatta di niente».

 

Per approfondire l’argomento:

Venticinque grammi di Felicità, di Massimo Vacchetta

Cuore di riccio, di Massimo Vacchetta

Share this article
TAGS