Stretta sugli affitti di Airbnb e non solo: le soluzioni per il caro affitti

Lo scenario che ci ha portato alla crisi abitativa dovuta al caro affitti è complesso. Per porre un freno occorre regolamentare gli affitti brevi di Airbnb ma anche puntare oltre

06/10/2023 di Ilaria Roncone

Il caro affitti è diventato, negli ultimi anni, un problema crescente. Lo vediamo sulla stampa nazionale: tra tendopoli di studenti che compaiono in sempre più città per protestare, lavoratori che faticano sempre più a trovare alloggi e che – insieme alle famiglie – sono spinti sempre più ai margini dei conglomerati urbani, una soluzione deve essere trovata. La stretta su Airbnb e sugli affitti brevi che si sta praticando nel mondo – e, più lentamente, in Italia – è sicuramente un principio per rimettere al centro il diritto all’abitazione dei cittadini.

Va da sé, però, che un problema tanto complesso non ha una soluzione unica. E che, di conseguenza, il suo andamento è influenzato su più fronti.

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Il conflitto tra il libero mercato e l’emergenza abitativa

Inquadriamo, innanzitutto, il problema e il ruolo che piattaforme come Airbnb hanno in questo ambito. Le città, nel mondo, vivono una crisi abitativa. Il diritto all’abitazione è attualmente messo a rischio per moltissimi individui poiché – sempre più, con l’avvento di piattaforme come Airbnb – chi possiede immobili da affittare preferisce farlo per periodi brevi guadagnando di più e inserendosi in un quadro che finora non è stato normato (quello degli affitti brevi tramite piattaforme, appunto) invece che per periodi più lunghi, con meno introiti e problematiche di altro tipo da gestire (come gli inquilini morosi che si fa fatica a sfrattare, a detta di molti proprietari).

Da un lato, ci sono quindi i proprietari che vorrebbero far fruttare i propri immobili sfruttando Airbnb e piattaforme di questo tipo mettendoli a disposizione del turismo di massa. Dall’altro ci sono i cittadini, che vedono svuotarsi i centri storici delle maggiori città d’arte, private di reali centri abitati e piene di appartamenti affittati ai turisti per tempi anche brevissimi. Questi appartamenti sono tolti alle tradizionali ragioni abitative e ai contratti più lunghi, siano essi per lavoratori e studenti fuori sede o per famiglie.

Nel 2020 la Corte di Giustizia europea ha validato una norma francese che limitava la disposizione degli appartamenti con l’affitto su Airbnb costituendo, di fatto, un precedente importante di fronte a un tendere a una situazione che avrebbe portato a un’emergenza abitativa che era chiara già prima della pandemia. La sentenza ha stabilito che «una normativa nazionale che assoggetta ad autorizzazione la locazione, esercitata in maniera reiterata, di un locale destinato ad abitazione per brevi periodi ad una clientela di passaggio che non vi elegga domicilio è conforme al diritto dell’Unione. La lotta contro la scarsità di alloggi destinati alla locazione di lunga durata costituisce un motivo imperativo di interesse generale che giustifica una siffatta normativa».

Caro affitti, quali possibili soluzioni oltre alla stretta sugli Airbnb?

Quella del caro affitti è una tematica che agita la politica, ultimamente, poiché si è arrivati a livelli insostenibili in città come Milano. Partiamo dai numeri: nella città del Nord Italia, attualmente, ci sono circa 20 mila abitazioni destinate ad affitti brevi e brevissimi. Numeri altissimi che, ovviamente, contribuiscono a levare dal mercato appartamenti per famiglie, lavoratori, studenti. E rendono i prezzi di quelli ancora disponibili altissimi.

In una recente intervista di Fanpage.it a Onorio Rosati, consigliere regionale di Alleanza Verdi Sinistra, sono emerse una serie di proposte sulle quali occorrerebbe concentrarsi al di là di Airbnb. Proposte che vedono lo Stato e il pubblico avere un ruolo attivo nella risoluzione. Le soluzioni elencate sono varie: aiutare le famiglie che arrivano a spendere il 40% di quello che guadagnano per l’abitazione; mettere in campo nuove politiche abitative pubbliche, ovvero trovare più case da mettere a disposizione per i cittadini. Ancora: sostenere i proprietari che si trovano in casa inquilini che non pagano più per le ragioni più diversificate (la sopraggiunta impossibilità di pagare l’affitto, spesso e volentieri, è legata a ragioni come il licenziamento o altri problemi sul lavoro).

Ci sono poi le proposte degli studenti, quelli che si piazzano in tenda per protestare, citate in un recente articolo del Manifesto. In Italia, attualmente, ben un terzo degli studenti universitari non riesce a pagare l’affitto – come risulta da una ricerca sulla condizione abitativa studentesca di Cgil, Unione degli Universitari (Udu) e Sunia -.

A fare una serie di proposte specifiche per il contrasto all’emergenza abitativa è – tra gli altri – l’Unione giovani di sinistra. A parte una legge nazionale sugli affitti brevi, per risolvere i problemi degli studenti universitari occorrerebbe destinare i fondi del Pnrr agli studentati pubblici, smettere di vendere il patrimonio pubblico e recuperare gli immobili che non sono utilizzati. Si dovrebbe anche guardare al ripristino di fondi per l’affitto, alla reintroduzione di un equo canone.

In conclusione, il terreno è fertile per mettere in campo una serie di soluzioni che vadano anche oltre un equo regolamento degli affitti brevi. Che, comunque, allo stato attuale delle cose sembra essere necessità imprescindibile.

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