Marco Cappato: «Per la firma digitale la piattaforma sicura che rispetta la privacy c’è, serve la volontà politica»

L'appello alla ministra Cartabia arriva forte e chiaro: se non si procede con la firma digitale per i referendum non è per mancanza di soluzioni tecniche

09/07/2021 di Ilaria Roncone

Firma digitale sì, firma digitale no, firma digitale forse. La questione della firma digitale per esercitare i diritti che appartengono a una democrazia – come quello di partecipare a un referendum – è sempre in bilico. Seppure Marco Cappato e l’Associazione Luca Coscioni siano ottimisti: «Si tratta di una decisione che verrà prese a giorni, se non a ore. Stamattina abbiamo consegnato una lettera aperta a Cartabia, abbiamo fatto un piccolo presidio davanti al ministero della Giustizia: la partita non è persa, ce la stiamo giocando in queste ore».

Cappato parla chiaro: «Questo è il classico tema che, se le persone sapessero quello di cui stiamo parlando, avremmo già vinto. Non troveremmo una persona che, se gli si dice che potrebbe firmare i referendum tramite Spid, sarebbe contraria alla firma digitale. Sarebbe opportuno per chiunque: la persona che di giorno lavora, la persona disabile, l’italiano all’estero o chiunque, per propria personale comodità, voglia esercitare questa possibilità».

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Dire no alla firma digitale nel momento di ripresa dalla pandemia «diventa grave»

Oltre al discorso inclusività e facilitazione della partecipazione democratica c’è anche la parentesi Covid: «Dove firmano le persone? Ai tavoli e nelle sedi dei comuni. Perché la didattica si organizza a distanza, il lavoro si organizza a distanza e la democrazia non si riesce a fare nulla perché si possa organizzare a distanza? Questo è incomprensibile ed è inaccettabile», chiarisce ai microfoni di Giornalettismo Marco Cappato.

Gli ostacoli sono già stati superati: «Serve la volontà politica, la soluzione tecnica c’è già»

Quando si parla di firma digitale in un ambito delicato come l’espressione del voto a un referendum viene naturale pensare che possano esserci problematiche di tipo tecnico legate alla piattaforma e al trattamento dei dati. Cappato non esita a chiarire che si tratta di «questioni superabili nell’interlocuzione con il ministero di Colao e noi siamo già in grado di dire che, se si vuole, si può. E quindi si deve potere. Se c’è la volontà politica la soluzione tecnica è già stata individuata per consentire le firme da subito. Attualmente le soluzioni tecniche per poterlo fare ci sono, attraverso delle piattaforme che rispondano a una serie di requisiti di sicurezza e privacy. Ci abbiamo lavorato noi stessi».

Il mezzo c’è, serve solo la volontà. Volontà che, ora come ora, potrebbe accelerare le sorti della raccolta delle 500 mila firme indetta dall’Associazione Luca Coscioni per il referendum per l’eutanasia legale. Firme che devono essere depositate entro il 30 settembre. «Con Colao c’è già convergenza però, siccome le firme per il referendum sono depositate e verificate presso la Corte di Cassazione, è coinvolto anche il ministero della Giustizia».

L’eutanasia legale rimane ostaggio di una politica che dimostra di non essere capace

«Noi abbiamo depositati la legge di iniziativa popolare sull’eutanasia legale otto anni fa. Non abbiamo nessun tipo di garanzia che il disegno di legge verrà mai approvato. Non scegliamo il referendum al posto del Parlamento, il punto è che con la strada del Parlamento non abbiamo alcuna garanzia che quello che non sono riusciti a fare in otto anni riescano a farlo nell’anno e mezzo che manca alla fine della legislatura – ci spiega Cappato – Non c’è nessun motivo che ci porta a fare affidamento su questa possibilità».

«Qualora dovesse succedere, saremo i primi a riconoscerlo. Il referendum, qualora la raccolta firme riesca, c’è garanzie e il popolo italiano potrà decidere entro dieci mesi. Se ci fossero le elezioni anticipate slitteremmo di un anno ma, sicuramente, faremmo prima che con l’approvazione di una legge. Questo è un tema che spacca trasversalmente partiti, coalizioni e quindi rimane ostaggio di dinamiche totalmente estranee al merito della questione. C’è scuramente l’influenza della pressione esercitata dal Vaticano, ma fino a un certo punto. Se no rischia di diventare un alibi per una politica incapace di assumersi le proprie responsabilità».

Come gestire la sofferenza alla fine della vita di una persona è una tematica diffusissima, che sta a cuore a molti: «Ai tavoli della raccolta firme che stiamo facendo (allestiti in varie città italiane come Ferrara, Bologne e Forte dei Marmi n.d.R) c’è letteralmente la coda di persone che vogliono firmare anche se non glielo ha detto il loro partito, anche se non glielo ha detto la televisione. La gente sa già di cosa stiamo parlando perché lo ha vissuto».

(Immagine copertina: foto ipp/clemente marmorino)

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