La storia della società di consulenza pagata da Meta per condurre una campagna contro TikTok

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Altra grande esclusiva del Washington Post, che ha avuto modo di leggere le mail che sono state scambiate in proposito

Un’altra grande inchiesta del Washington Post, che è entrato in possesso di mail che dimostrerebbero come Meta – la compagnia di Facebook e Instagram – avrebbe chiesto alla società di consulenza Targeted Victory (vicina, tra le altre cose, ai conservatori del GOP) di effettuare una campagna – con obiettivo i media regionali e locali negli Stati Uniti – per screditare agli occhi dell’opinione pubblica il suo più grande rivale, TikTok. Una decisione dettata dall’andamento del mercato: secondo quanto riportato dalla whistleblower Frances Haugen sulle sue rivelazioni relative all’ambiente Facebook, nella società di Menlo Park circolava una certa preoccupazione collegata al fatto che l’utilizzo di TikTok da parte dei giovani e degli adolescenti superasse di 2/3 volte quello di Instagram (oltre a distaccare in maniera decisa anche Facebook, sempre meno in uso tra le giovani generazioni).



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Campagna contro TikTok richiesta da Meta: la rivelazione del Washington Post

Quale sarebbe stato l’obiettivo della campagna? Sicuramente, quello di coinvolgere più persone possibile – sia giornalisti, sia esponenti politici – nel diffondere delle storie su come l’apparente innocenza del medium di TikTok (inizialmente partito come una applicazione legata all’intrattenimento puro, allo svago, alla danza e alla musica) diventasse progressivamente un pericolo per le giovani generazioni. In uno degli scambi mail visionati dal Washington Post, infatti, si scriveva che l’obiettivo era quello di far emergere storie che potessero avere come traccia di fondo: Dai balletti al pericolo: come TikTok è diventato lo spazio di social media più dannoso per i bambini. 



Inoltre, sempre la campagna di Targeted Victory doveva avere come l’obiettivo quello di sensibilizzare il legislatore americano – concentrato in una campagna in verità senza quartiere nei confronti di Meta e delle sue applicazioni, soprattutto dopo la deposizione al congresso della whistleblower Frances Haugen –  sul fatto che il vero obiettivo da colpire dovrebbe essere TikTok, di proprietà della multinazionale cinese ByteDance e non la società americana con sede a Menlo Park.

Targeted Victory non ha commentato lo scoop del Washington Post, mentre il portavoce di Facebook Andy Stone ha dichiarato che tutte le piattaforme, inclusa TikTok, dovrebbero affrontare un livello di responsabilità pari al successo che hanno ottenuto. Una risposta che non entra direttamente nel merito della questione sollevata dalla testata di Washington e che è destinato ad aprire un nuovo spaccato nella geopolitica dei social media, sempre più simile alle campagne elettorali tra partiti, con promesse per gli utenti/elettori e senza esclusione di colpi bassi.



Foto IPP/ Alex Edelman via ZUMA Wire