Per la Procura, sarebbe stato Fontana a «trasformare» l’appalto dei camici in donazione

È ancora una tesi, quella della procura di Milano, e il presidente della Regione Lombardia non è iscritto nel registro degli indagati. Ma secondo i magistrati milanesi, sarebbe stato proprio Attilio Fontana a far cambiare la natura di quello che, inizialmente, doveva essere un appalto e che soltanto successivamente, dopo un’intervista della trasmissione Report, sarebbe diventata una donazione. Al momento, per la questione dei camici che la Regione Lombardia aveva chiesto durante il coronavirus risultano indagati Andrea Dini, cognato di Fontana e numero uno della società Dama, e Filippo Bongiovanni, amministratore della centrale unica degli appalti in Lombardia. La procura dunque ritiene che per la storia dei camici Fontana sia intervenuto in prima persona perché aveva compreso che la questione poteva riguardare la moglie e, quindi, il suo mandato.

LEGGI ANCHE > Report racconta la vicenda dei camici della ditta del cognato e della moglie di Fontana forniti alla Lombardia

Camici Fontana, per la procura il governatore aveva un ruolo attivo

Il cognato di Fontana (e la moglie dello stesso governatore) sono titolari della società che ha fornito un quantitativo di 50mila camici alla Regione Lombardia. Questi ultimi sono stati fatti passare per donazione, dopo che era stata versata una somma di 513mila euro, poi restituita allo stesso ente locale. Quando la notizia è emersa, il governatore lombardo aveva spiegato che il passaggio di denaro rispondeva esclusivamente a un’esigenza burocratica per permettere la donazione. In realtà, il fabbisogno di camici in Lombardia era di 75mila pezzi, ma soltanto una parte di questa partita sarebbe stata corrisposta alla regione.

I giudici di Milano sostengono che inizialmente ci sarebbe stato un affidamento diretto da parte della Regione, poi trasformatosi in realtà in una donazione viste le domande della stampa italiana, in modo particolare della trasmissione Report.

Share this article