Lo sfogo di Calenda: «Il Pd sta prendendo schiaffi da Di Maio»

Per alcune ore, nonostante le sollecitazioni della rete, Carlo Calenda ha preferito rimanere in silenzio senza rilasciare commenti sulla lunga trattativa tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico in vista di un’alleanza per scongiurare il ritorno alle urne. Questa mattina, nel primo giorno di consultazioni, l’ex ministro dello Sviluppo Economico ha ritenuto la misura colma vedendo come questa bozza di accordo (ancora non sancito) stia pendendo molto più dalla parte dei pentastellati, come dimostrato dai temi affrontati in questi incontri fiume delle ultime ore.

«Sono stato zitto, come promesso, fino all’inizio delle consultazioni. Ma ora basta. Lo spettacolo è indecoroso – scrive Carlo Calenda sul suo profilo Twitter, sempre molto attivo tranne che negli ultimi giorni -. Oggi iniziano e noi stiamo prendendo da giorni schiaffi da Di Maio e soci. C’è un democratico rimasto che si ribelli ai diktat su Conte e a un negoziato che non ha toccato un tema vero (ILVA, Alitalia, Tap, Tav, RDC, Quota 100)?! Basta». Il tweet si conclude con la menzione dell’account ufficiale del Partito Democratico.

Calenda si scaglia contro il Pd

Insomma, secondo Calenda il PD si sta piegando inesorabilmente in direzione pentastellata, mettendo via tutti i diktat per raggiungere un accordo. Oltre al Conte-2 (su cui, secondo fonti interne al Partito stesso, non sembra esser ancora arrivato il via libera), sono molti altri i temi che l’ex ministro dello Sviluppo Economico ha voluto sottolineare, lanciando una freccia velenosa proprio ai dem che non li hanno affrontati ai tavoli dei vari incontri delle ultime ore.

I temi veri non affrontati

Dalla soluzione per Alitalia, passando a posizione ben definite per quel che riguarda Tav, Tap e Ilva. Fino ad arrivare a temi economici come il Reddito di Cittadinanza e Quota 100 in vista della manovra finanziaria del 2020 (e non solo). E secondo Calenda questi «temi veri» non sono stati toccati, ma ci si è arrovellati solamente attorno ai nomi. Anzi, al nome: quello di Giuseppe Conte.

(foto di copertina: ANSA/ANGELO CARCONI)

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