Bimbo ucciso a Cardito, la confessione: «Ero drogato, poi ho picchiato Giuseppe e Noemi»

31/01/2019 di Redazione

«Ero drogati, poi li ho picchiati». È uno dei passaggi della confessione di Tony Essoubti Badre, 24enne di origini tunisine che domenica scorsa a Cardito, in provincia di Napoli, ha picchiato selvaggiamente due dei tre figli della sua compagna, causando la morte del piccolo Giuseppe, di 6 anni, e ferendo gravemente Noemi, di 7 anni, poi ricoverata all’ospedale pediatrico Santobono. Il giovane accusato dell’omicidio davanti al magistrato ha fornito dettagli sul terribile pestaggio, rivelando i motivi della sua furia e il modo in cui ha colpito i bimbi. E ha raccontato di aver agito sotto l’effetto di stupefacenti.

Bimbo ucciso a Cardito, la confessione: «Ero drogato, poi li ho picchiati»

Come racconta oggi il quotidiano Il Mattino di Napoli (articolo di Mary Liguori e Marco Di Caterino) nella confessione del 24enne, fermato e portato in carcere già poche ore dopo il decesso di Giuseppe, ci sono particolari macabri e anche peggiorativi della sua posizione. «Ho fumato diversi spinelli, come faccio ogni giorno. Poi ho perso la calma», avrebbe detto. Essoubti ha dichiarato di aver colpito i piccoli perché avevano distrutto il lettino della cameretta nuova, appena comprata. Era infastidito dalle loro urla. Avrebbe picchiato i bimbi prima a mani nude, a «schiaffi forti», e poi «a pugni». «Ma loro strillavano e strillavano ancora». Quindi Essoubti ha insistito «con la mazza della scopa». A quel punto è spuntato il sangue, sono comparsi i lividi. «Sono andato in farmacia per compare una pomata. I bambini erano feriti. Volevamo medicarli», è un’altra frase del ragazzo, che cerca nelle sue dichiarazioni di difendere la sua compagna, la mamma dei bimbi.

La posizione della donna, che era presente in casa, è ancora al vaglio dei magistrati. Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti c’è la ricostruzione dei fatti dal momento del pestaggio alla chiamata dei soccorsi. Dal momento in cui i piccoli sono stati picchiati fino all’intervento dei sanitari sono passate circa due ore. «Sì, era in casa, era presente. Ma ha cercato di fermarmi», dice Essoubti di Valentina Casa, trent’anni.

(Foto di copertina da archivio Ansa)

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