Il caso di Rebibbia riaccende la luce sulla situazione dei bambini in carcere con le proprie madri

19/09/2018 di Enzo Boldi

La tragedia nel penitenziario romano di Rebibbia ha riportato in auge il tema dei bambini in carcere al fianco delle loro madri. Nel primo pomeriggio di ieri una detenuta tedesca ha tentato di uccidere i suoi due bimbi scaraventandoli per le scale che collegano le celle al giardino, uccidendo la più piccola (di quattro mesi) e ferendo gravemente il più grande (di due anni). Da chiarire le motivazioni che hanno spinto la donna al folle gesto, ma che ha riacceso la luce sulla condizione dei figli dietro le sbarre con le loro madri.

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Come riporta il Corriere della Sera, sono 62 i bambini che condividono la detenzione al fianco delle proprie madri nei carceri italiani. Circa una trentina di loro vivono proprio nella stessa cella delle mamme, mentre la restante metà si trova negli Icam (istituto a custodia attenuata per detenute madri), un ambiente più soft che riesce a rendere meno pesante la vita dei più piccoli al fianco della figura materna che sta scontando una pena.

Bambini in carcere e la legge Finocchiaro inapplicata

Il carcere romano di Rebibbia vantava, fino a ieri, il primato di bambini – di eta tra zero e tre anni – ospitati nella propria struttura. Ben 16, ma dopo la tragedia di ieri mattina il nido del penitenziario è salito agli onori (si fa per dire) della cronaca per la morte della bimba e il grave ferimento del suo fratellino. «Il problema dei bambini da 0 a 3 anni rimane troppo spesso senza soluzione – spiega Mauro Palma, garante nazionale delle persone private della libertà, al Corriere della Sera -. Le normativa vigente, la cosiddetta legge Finocchiaro, è buona ma spesso non viene applicata». Il provvedimento, datato 2011, prevede la detenzione di madri e figli in strutture appropriate e dall’aspetto non coercitivo per i più piccoli.

Bambini in carcere, pochi centri di detenzione per madri e figli

Sono 52 le madri che vivono nei carceri italiani, 27 italiani e 25 stranieri. Numeri non elevati, ma che – al netto di ciò che è accaduto – celano diverse difficoltà nella loro gestione. Gli Icam sono pochi: Torino, Milano, Venezia, Lauro (in Campania) e in provincia di carcere. Ancor meno sono le cosiddette case-famiglia. Un paio sparse per tutto il territorio. Una si trova proprio a Roma e si chiama la Casa di Leda. Al momento ospita otto mamme e altrettanti figli. Pochi, pochissimi. Pagano sulla loro pelle i «peccati» della propria madre.

(foto di copertina: ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

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