Non c’è cosa peggiore che rispondere al razzismo con il blackface

05/11/2019 di Enzo Boldi

Quanto accaduto – e denunciato – sabato mattina in Brianza è di una gravità assoluta. Durante il match della categoria Pulcini tra Aurora Desio Calcio e Sovicese, dagli spalti si sono udite delle grida rivolte a un bambino nero. Si trattava di urla razziste: «Neg*o di mer*a». A pronunciare questo rigurgito di puzzolente intolleranza sarebbe stata la madre di uno dei giovanissimi della Sovicese, rivolgendosi a uno dei piccoli calciatori della squadra avversaria. Un fatto gravissimo a prescindere, ma che diventa vomitevole ancor di più perché rivolto a un bambino di 10 anni.

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L’episodio è stato denunciato sui social, tirando in ballo anche la Lega Nazionale Dilettanti, dall’Aurora Desio Calcio che, al termine dei 90 minuti ha ascoltato il racconto del bambino vittima di queste frasi discriminatorie, chiedendo alla Sovicese di avviare indagini interne per individuare e punire con il daspo la responsabile di questa vergogna. «Finché non sarà individuata e oggetto di Daspo temporaneo dai campi giovanili – si legge nel comunicato social -, ci rifiuteremo di incontrare la Sovicese in qualsiasi competizione ufficiale, anche a costo di rischiare multe e penalizzazioni».

Giovanissimo dell’Aurora Desio calcio vittima di razzismo

Ma già il prossimo fine settimana, Aurora Desio Calcio e Sovicese si incontreranno di nuovo. Non più per la categoria pulcini, ma per quella Juniores. Il direttore generale del settore giovanile della squadra brianzola ha detto a Repubblica: «Sabato prossimo le due squadre si incontreranno nuovamente, questa volta per il campionato della categoria Juniores, ovvero quella dei ragazzi di 17/18 anni, e tutti i calciatori scenderanno in campo con il volto dipinto di nero. Lo faranno anche altre società brianzole, che hanno saputo dell’episodio e vogliono dimostrarci così la loro vicinanza».

Il blackface non può essere la risposta al razzismo

Il supporto, la vicinanza e la rabbia comune è legittima. La soluzione, però, non può essere il cosiddetto blackface (la pratica di dipingere il proprio volto per sembrare di carnagione scura). Questa pratica, infatti, è considerata una delle più razziste e veniva utilizzata nei teatri, fino all’inizio inoltrato del Secolo scorso, per personificare personaggi neri da attori bianchi. Insomma, il massimo della discriminazione non può esser la soluzione a questo male atavico che va combattuto non solo in forma simbolica, ma concreta.

(foto di copertina: da public domain images)

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