L’audio del 23 febbraio in cui Fontana parla di nove comuni da chiudere (e mai chiusi) per emergenza Covid

Sulla questione di chi aveva il potere di chiudere i focolai e impedire la diffusione del contagio si continua a discutere, con la regione Lombardia che passa la palla allo stato e viceversa. Di Fontana, che ha sempre cercato di addossare la responsabilità a Conte e al suo governo, c’è un audio – di cui oggi parla Il Fatto Quotidiano con un pezzo firmato da Davide Milosa – in cui già il 23 febbraio parlava della necessità di traformare nove comuni tra Lodi e Cremona in zona rossa. L’audio riporta una riunione telefonica tra il governatore della Lombardia e il Prefetto di Lodi Marcello Cardona.

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La ricostruzione del Fatto Quotidiano

La riunione, ricostruita da Il Fatto Quotidiano grazie a una registrazione, vede Fontana parlare insieme ad alcuni sindaci e rappresentanti del governo della regione Lombardia. Al centro del dibattito nove comuni che – all’epoca – sarebbero dovuti diventare zona rossa per l’emergenza Covid-19. A poche ore da questa riunione verranno chiusi dieci comuni della Bassa lodigiana, come indicato dal governo. Si sente Fontana cominciare a elencare partendo da Casalpusterlengo. Si blocca immediatamente perché viene corretto e specifica: «C’era già». I paesi chiusi quel giorno:  Codogno, Castiglione d’Adda, Casale, San Fiorano, Bertonico, Fombio, Terranova dei Passerini, Somaglia, Maleo e Castelgerundo. C’è una lista di nuovi comuni da chiudere e nessuno di questi rientra in quelli decisi dal governi: si tratta, come si sente elencare di, «Santo Stefano Lodigiano, San Rocco al Porto, Corno Giovine, Cornovecchio, Caselle Landi, Pizzighettone, Formigara, Gombito, Brembio».

Quei nove comuni andavano chiusi

 

Nell’audio emergono i nomi di nove comuni tra la provincia di Cremona e quella di Lodi. Interviene il Prefetto di Lodi: «Sto facendo il calcolo, credo che dobbiamo aggiungere altri venti, ci stiamo muovendo sulle 70mila persone. Noi stiamo lavorando su quei dieci che Attilio aveva già individuato, già individuati i check, già individuato il numero dei rinforzi». Ai dieci paesi che sarebbero stati chiusi di lì a poche ore, secondo il discorso dell’audio, se ne sarebbero dovuti aggiungere altro nove – la maggior parte a sud di Codogno e uno appena fuori Lodi -. Cardona dice: «Appena Attilio mi formalizza questi comuni, ma già lo sapevo perché me lo aveva comunicato Giulio(Gallera, assessore al Welfare), lavoriamo sui nuovi check perché li dobbiamo mettere su carta».

La posizione del Viminale e quella di Fontana non coincidono

Secondo quanto ricostruito dal Fatto la posizione del Viminale e quella di Fontana non coincidono. L’allargamento della zona rossa secondo il Viminale avrebbe dovuto comprendere meno di dieci comuni a quel punto. Il discorso fatto durante la riunione, però, sembra andare in un’altra direzione. Parlando del comune di Lodi, la mancata chiusura è dipesa – tra le altre cose – da una nota della sindaca leghista Sara Casanova che affermava l’assenza di contagi in data 22 febbraio. Dall’ospedale di Lodi, invece, arrivano notizie contrastanti con una fonte interna che conferma come già il 21 febbraio nell’ospedale lodigiano erano presenti due positivi al coronavirus. Il medico in questione si è dichiarato sorpreso del fatto che la zona non comprendesse Lodi: «Fin dal 21 era palese: la malattia era già fuori dalla zona rossa. Tanto più che abbiamo avuto focolai importanti in comuni attaccati a Lodi, come Sant’Angelo, Ospedaletto, Lodi Vecchio».

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