Assassinata dal marito dopo 12 denunce: lo Stato annulla il risarcimento
22/03/2019 di Daniele Tempera
Il femminicidio è un termine che è entrato da tempo tristemente nel nostro vocabolario quotidiano a causa di fatti di cronaca sempre più efferati e di una strage silenziosa che non accenna a diminuire. Ma mentre si discute di prevenzioni e di eventuali azioni che potrebbero essere prese per frenare questa piaga, da Messina arriva una storia che lascia letteralmente senza parole. La vittima è una giovane donna, Marianna Manduca, uccisa dodici anni fa dal marito, nonostante le dodici denunce inoltrate dalla donna prima del terribile epilogo. La negligenza nell’intervenire era costata allo Stato 259 mila euro di risarcimento che sono andati ai tre figli, orfani della mamma. Ora, con una sentenza destinata a far discutere, la Corte d’Appello ribalta la sentenza e i tre ragazzi saranno obbligati a restituire il misero rimborso che i magistrati di Messina avevano stabilito come “indennizzo” per la scomparsa della madre. La motivazione? Per la Corte d’Appello i magistrati non potevano di fatto fare nulla, l’uomo avrebbe ucciso lo stesso, nonostante le denunce. Nessuna negligenza insomma, solo un’ineluttabile fatalità. Una motivazione che lascia quantomeno perplessi.
Un coro di reazioni indignate
E le reazioni non si sono fatte attendere. « Con questa sentenza, facciamo marcia indietro di almeno 50 anni rispetto alla pronuncia precedente. Per lo Stato, la vita di Marianna Manduca non poteva essere salvata, nonostante le 12 denunce fatte dalla donna contro il marito. La spiegazione di questa sentenza è puramente corporativa. I magistrati non si discutono e non sbagliano mai» ha dichiarato a Fanpage Licia D’Amico, avvocato difensore dei familiari della donna.
E i commenti sulla sentenza arrivano anche dal mondo politico in modo bipartisan con Mara Carfagna secondo la quale la Corte ha affermato implicitamente che « denunciare i violenti è vano» e da Vanna Iori, accademica e senatrice PD: « Si tratta di una sentenza che indigna perché afferma il principio che quel femminicidio non poteva essere evitato e che non c’è stata negligenza da parte di chi ha ignorato le ripetute denunce della donna. Con quale coraggio si pretende che le vittime di violenza vadano a denunciare i loro aguzzini se la risposta dello stato è questa?»