«Non è come la Sars: con il Coronavirus sono contagiosi anche gli asintomatici»
La Repubblica sottolinea come «da un terzo fino alla metà» delle nuove infezioni sia provocata da chi non presenta sintomi
27/10/2020 di Enzo Boldi
Lo ha sempre detto ed è stato sempre coerente, fin dai primi momenti di quel ‘modello Vo’ Euganeo’ per cui è stato tanto celebrato all’inizio della pandemia e dell’emergenza sanitaria in Veneto. Tracciamento, tracciamento, tracciamento. Il tutto con tamponi e test a tappeto per cercare di circoscrivere le infezioni da SARS-CoV-2 e cercare di contenere la curva epidemiologico. Perché a portare in giro per le città italiane il Coronavirus non sono solamente le persone che presentano febbre, tosse e problemi respiratori. Andrea Crisanti sugli asintomatici contagiosi non ha mai avuto dubbi e le stime gli danno ragione.
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«Secondo le stime, fra un terzo e metà dei contagi derivano dagli asintomatici – scrive La Repubblica -. È la più grande differenza fra questa pandemia e la prima Sars, nel 2002-2003. Allora gli infetti diventavano contagiosi solo quando stavano male. Questo contribuì alla possibilità di isolare i malati e di estinguere l’epidemia». La curva epidemiologica, dunque, è condizionata anche da tutti quei cittadini asintomatici contagiosi e non tracciati.
Asintomatici contagiosi, da loro almeno un terzo delle infezioni
Anzi. Le stime – perché siamo ancora nel bel mezzo della pandemia, con la seconda ondata arrivata (come previsto da molti esperti) subito dopo l’estate – quasi la metà delle persone asintomatiche (ma positive ai test sul Coronavirus) hanno una carica virale talmente elevata da esser considerati quasi come ‘portatori sani’ del virus, in grado di contagiare le persone al loro fianco. E non come accadeva nella prima ondata del virus Sars tra il 2002 e il 2003, con l’Italia che all’epoca fu molto fortunata e non pagò il prezzo che – invece – sta pagando ora con il Sars-CoV-2.
La carica virale
E a sostenere ancor più la tesi degli asintomatici contagiosi sono le parole di Flavia Riccardo, epidemiologa dell’Istituto Superiore dei Sanità: «Anche chi sviluppa sintomi, raggiunge il picco di contagiosità poco prima della loro comparsa, quando sta ancora bene». Un ragionamento confermato non solo dalle stime, ma anche dai numeri quotidiani. Perché se la stragrande maggioranza dei positivi è senza sintomi, questo significa che la carica virale ha inevitabilmente contribuito a diffondere il contagio. Se a provocare il rialzo della curva epidemiologica fossero solo le persone con sintomi, i numeri sarebbero inevitabilmente più bassi.
(foto di copertina: da Piazzapulita, La7)