Se fossimo stati negli Usa, le conclusioni del Garante su Rousseau avrebbero fatto cadere il governo

I problemi della piattaforma Rousseau sono noti. Così come da qualche ora era già risaputo che il Garante della Privacy Antonello Soro avrebbe preso un serio provvedimento contro la vulnerabilità dei dati sensibili contenuti all’interno del sistema di democrazia diretta a cui il Movimento 5 Stelle si è sempre affidato per decisioni cruciali.

Garante, cosa sarebbe successo se la decisione su Rousseau fosse stata presa negli Usa?

In Italia, la notizia non è destinata a fare molto rumore. Forse ci sarà qualche gossip nei primi due giorni, scatteranno le consuete operazioni di presa in giro nei confronti del Movimento 5 Stelle, magari ci sarà anche qualche scritto polemico in merito al fatto che 50mila euro siano una cifra anche abbastanza abbordabile per una violazione così seria.

Pensiamo a quello che sarebbe successo se una vicenda del genere fosse emersa anche in altre democrazie. Pensate agli Stati Uniti e a tutti quei bei film o serie tv che raccontano molto degli spaccati americani e dei loro sistemi di potere. Una cosa del genere avrebbe messo a repentaglio il concetto stesso di democrazia, sarebbe stato uno tsunami che avrebbe travolto l’amministrazione e la Casa Bianca. Roba da impeachment. Da noi, al massimo, sarà da impingement.

Quello che il Garante della Privacy ci ha appena detto è che una piattaforma di «democrazia diretta», alla quale un partito che alle elezioni ha preso il 32% dei voti affida tutti i suoi passaggi chiave, può essere utilizzata a uso e consumo del suo gestore. I dati possono essere manipolati, elementi sensibili possono essere impiegati per gli scopi più vari, decisioni cruciali possono essere stravolte.

L’esempio desunto dalla multa del Garante a Rousseau

E se già ci sembrava anomalo che poche decine di migliaia di elettori decidessero le sorti di milioni di persone che hanno votato per il M5S senza essere iscritti alla piattaforma Rousseau, ancor più strano (e inquietante) deve sembrarci che queste poche decine di migliaia di voti potrebbero – in alcuni casi – essere manipolati.

Facciamo un esempio pratico: l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per il caso del presunto sequestro della nave Diciotti era una prerogativa del Senato. Gli eletti del M5S hanno atteso una decisione della piattaforma Rousseau per orientare il proprio voto. 52mila persone hanno espresso la propria opinione per influenzare una decisione che riguardava 60 milioni di italiani. Poco più della metà di questo 52mila votanti si era espressa per il sì. Ora scopriamo che votazioni come questa, cruciali per le sorti della Repubblica, potrebbero non essere state sicure. O addirittura orientate da un manipolo di poche persone.

Insomma, se ci fosse la possibilità di ‘manipolare’ – come sembra affermare il garante della privacy – scelte del genere ci troveremmo nella fattispecie del rovesciamento del principio base della democrazia diretta. Ovvero, quello della democrazia comandata. Ovvero, la non democrazia.

In ogni caso, l’Associazione Rousseau ha affermato che il provvedimento del Garante della Privacy non riguarda l’attuale sistema di voto della piattaforma:

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